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Jane Austen, i 250 anni dell'eterna fanciulla della letteratura

Un libro celebra la scrittrice che ha anticipato l’emancipazione femminile e per questo incompresa dai contemporanei
di Bruna Magimartedì 16 dicembre 2025
Jane Austen, i 250 anni dell'eterna fanciulla della letteratura

3' di lettura

Compiere duecentocinquant’anni e non sentirli. Accade soltanto a un’eterna fanciulla della letteratura, un mito insuperato, l’unica che può dire al mondo, in una celeberrima parodia, Il mio nome è Austen, Jane Austen. La racconta Liliana Rampelli con un taglio inedito, 365 “scene”, ognuna è tratta da un suo romanzo, suddivise nell’arco di dodici mesi. Titolo Un anno con Jane Austen (Neri Pozza-Spleen, pag.427, euro 26). Dice l’esergo: «Se una persona, uomo o donna che sia, non trova piacere in un buon romanzo, deve essere stupida al di là del sopportabile». Prima di tuffarsi in un oceano di delizie letterarie, qualche precisazione su Austen. Una ragazza che scriveva con tocco lieve, ma fortemente incisivo, mentre l'Europa era dilaniata dalle guerra napoleoniche, e lei non sembrava essere colpita dal trionfi del Corso nelle campagne d'Italia e d'Egitto, era dedita soltanto al piacere del narrare d’amore, tradimenti, intrecci familiari, con una scrittura lucida, ma anche dotata di un umorismo corrosivo e irresistibile verso gli umani problemi, una donna proiettata molto in avanti, anticipando l’attualità di oggi. Miss Austen che per tutta la vita parlò d'amore e matrimonio a tutti, ma non si sposò mai.

Jane era nata in una famiglia molto affollata, settima di otto figli, cinque maschi e tre femmine, il papà era George Austin, un pastore anglicano, la mamma Cassandra, stesso nome della sorella maggiore, che sarebbe sempre stata il suo punto di riferimento. Fortuna per Jane, il papà era molto erudito, appassionato di lettere, e non contrastò, come accadeva in famiglia alle “femmine” di allora, anzi favorì, la passione della figlia. Anzi la aiutò in ogni modo, anche occupandosi delle prime pubblicazioni dei suoi romanzi. Anche lui colpito da quella scrittura perfetta e calibrata, come avrebbe scritto anni dopo Virginia Woolf, che la innalzò sugli altari dicendo che la sua scrittura conteneva l'essenza della letteratura.

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E pensare che, mentre Napoleone trionfava ad Austerlitz, tutto per lei era fatto dei contatti timidi, sfiorati, di una coppia seduta sui divani dei salotti più quotati, dell'assaggio appena accennato di cibi squisiti, di fanciulle ansiose e giovanotti contesi. La morte del padre fu un colpo duro, nel 1809 Jane Austen dovette trasferirsi con la madre e le sorelle in una casetta a Chatwon, messa a disposizione dal fratello Edward, dove tornò a lavorare ai manoscritti giovanili, Ragione e sentimento e Orgoglio e pregiudizio, in pratica i caposaldi della sua produzione. C'è stato chi ha detto che scriveva con la semplicità di Shakespeare (ampiamente citato da Rampelli). Ma il Bardo la usava soprattutto per descrivere il male fatto dagli uomini, Jane aggiunse tenerezza e compassione sotto il cinismo snob.

La ricchezza di questo libro che mantiene un’attualità eterna, nel linguaggio e nei ritratti, è data dal fatto che è diviso in vari settori, tutti estrapolati dai vari romanzi, uno al giorno. Per diventare gli argomenti più svariati. Come i gentiluomini: «Piuttosto alto, aveva un viso piacevole, lo sguardo vivace ed acuto e, se non proprio bello, non era nemmeno troppo lontano dal potersi definire tale». Ci sono situazioni legate allo spirito ed altre tangibili, come i “soldi”, importantissimi nella dimensione “austeniana”, nei micronuclei familiari si rispecchia la macroeconomia dell’Inghilterra di quel tempo. Ci sono gli ecclesiastici, fondamentali, vista la figura del padre, e le sorelle, prima fra tutte Cassandra che le fu vicina sino alla morte, purtroppo sopraggiunta troppo presto, per il morbo di Addison, allora inguaribile, aveva soltanto quarantadue anni.

C’è il settore bambini, che lei non amava molto definendoli piccole pesti insopportabili. Ma attribuiva la colpa alle madri, quelle infatuate delle loro creature. E c’è un passo destinato alle zitelle, con Emma, protagonista dell’omonimo romanzo. La quale dichiara che la condizione di nubile è spregevole solo per quelle che non hanno grandi redditi. Deduzione: approfittando dell’evoluzione dei costumi, da lei anticipata, oggi Jane sarebbe stata una splendida single che avrebbe avuto ancora più libertà nel giudicare il mondo attraverso l’ironia, anzi l’umorismo.

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La sua mente galoppava, ispirandosi a fratelli e cognate, e prendeva in considerazione persino l’uguaglianza di genere. Lo fa citando il caso (in Mansfield park) di una giovane moglie, che pianta il marito per fuggire con il miglior amico di lui. Ma con l’auspicata punizione (tipica dei tempi) Austen fa intravvedere la parità dei sessi...Un fatto è certo: se Jane fu delusa dall’amore, non lo fu dallo scrivere.

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