I l suo nome era Sorge. Richard Sorge. Giornalista tedesco di giorno, infiltrato sovietico nel Giappone imperialista di notte, seduttore instancabile e geniale analista politico: la sua esistenza attraversa il Novecento come una scintilla incendiaria fuori controllo. Lo racconta il saggista Owen Matthews ne La spia perfetta (Settecolori, pp. 450 € 28 tr. Claudio Gallo), scavando negli archivi russi, andando oltre l’aura di mito che da sempre lo circonda. Sorge è una leggenda della storia dell’intelligence, sono stati scritti più di cento libri su di lui, elogiato da John Le Carrè e Ian Fleming che lo ha definito «il più formidabile agente segreto della storia». Ma Owen Matthews non ha scritto un’agiografia del “James Bond sovietico”, né un pamphlet moralistico sulle feroci ambiguità del comunismo, difatti, questo libro unisce le atmosfere del romanzo d’avventura e il ritratto di un uomo che visse ogni istante sul filo della propria doppia identità, senza mai rinunciare al divertimento.
Chi era Sorge? In una notte del ’38, ubriaco dopo una notte di bagordi, si schianta in moto contro un muro. Con la mascella fratturata e il cranio rotto, ordina a un amico di svuotargli le tasche prima che i medici rientrino nella stanza. Dentro ci sono documenti che avrebbero compromesso l’intera rete sovietica di Tokyo.
IL GRAN SEDUTTORE
È un dettaglio che condensa tutte le ambiguità del personaggio, in bilico fra l’estasi e la disciplina. Figlio di un ufficiale tedesco e di una madre russa, veterano della Grande Guerra mutilato e disilluso, comunista fervente nonché gran seduttore. Sorge era un bugiardo nato, capace di ispirare lealtà e, al tempo stesso, di mettere a rischio le vite altrui; un uomo dal grande fascino, tanto seducente quanto pericoloso. Il suo carisma travolge uomini e donne e nella Tokyo degli anni Trenta, neppure il temuto colonnello nazista Josef Meisinger sospetta di lui, stregato dalle tournée notturne fra bar e bordelli.
Il cuore del libro è la materia viva dell’intelligence. Sorge, sotto copertura come corrispondente della Frankfurter Zeitung, si integra nell’élite tedesca e giapponese, diventando il confidente del futuro ambasciatore, il generale Eugen Ott e intanto, intrattiene una relazione adultera con la moglie Helma, senza che ciò scalfisca la fiducia dell’amico. Essere una spia in Giappone era particolarmente difficile, a causa della radicata diffidenza dei giapponesi verso gli stranieri e del timore paranoico della sovversione interna, eppure, Sorge riesce a inserirsi con naturalezza, costruendo una rete sorprendentemente moderna, fondata sulla lettura dei rapporti umani più che su tecniche clandestine di sorveglianza. Ma il suo capolavoro fu la scoperta dell’Operazione Barbarossa, il piano tedesco per invadere l’Unione Sovietica nel giugno 1941, in violazione del patto nazi-sovietico. È il genere di informazione che può davvero cambiare una guerra e le sorti del mondo. Ma Stalin non lo prese sul serio, considerandolo un poco di buono di cui non ci si doveva fidare. È il punto che Matthews sviluppa con maggiore indignazione: l’intelligence ha valore solo se chi la riceve accetta verità sgradite, e il sistema staliniano – fondato e costruito sulla paura e sulla deferenza verso il leader – non poteva farlo, preferendo l’autoinganno alla realtà.
LA CADUTA La caduta è lenta, quasi kafkiana. Alla fine, la tenace sorveglianza giapponese lo mise in trappola dopo mesi di controlli minuziosi, risalendo la sua rete di contatti. Sorge affronta il processo con una lucidità sorprendente, ben consapevole che l’Urss non avrebbe mosso neppure un dito per salvarlo. Fu impiccato nel carcere di Sugamo il 7 novembre 1944 ma il procuratore Yoshikawa, che istruì la sua condanna, disse: «In tutta la mia vita non ho mai incontrato un uomo di tale levatura». Fino ad oggi, la sua storia era stata narrata solo dai russi ma in queste pagine, un mattoncino dopo l’altro, Matthews scrive un libro lucido e pieno di vita che guarda alle debolezze di Sorge con la stessa attenzione dedicata ai suoi trionfi professionali, riuscendo nell’obiettivo più difficile, sottraendolo Sorge al mito per restituirlo alla storia, celebrandolo senza negarne le fragilità. La spia perfetta è una biografia esemplare perché racconta una vitae, insieme, un’intera epoca, mostrando quanto spesso la verità – soprattutto quella capace di cambiare il mondo – venga ignorata da chi detiene il potere con la paura e con l’inganno delle masse.




