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Bundesbank, bordata a Draghi: "Finanziare gli stati a rischio è come una droga"

Il presidente della Buba Weidmann: "La Bce non acquisti bond, non si può garantire la permanenza di un paese nell'euro ad ogni costo"

Giulio Bucchi
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Una mitragliata su Mario Draghi e la politica antic-crisi della Banca Centrale Europea. Il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, intervistato dallo Spiegel, colpisce durissimo ricordando come non sia compito della Bce "garantire la permanenza di un Paese nell'euro a qualunque costo". Interventi in soccorso della Grecia ed eventuali tetti anti-spread da applicare ad altri paesi a rischio (dalla Spagna all'Italia) potrebbero avere dei risvolti controproducenti: "ulteriore perdita di fiducia nell'unione monetaria" o scarsa credibilità "degli obblighi derivanti dai programmi di aiuti", ricorda Weidmann. Il precedente italiano - Il presidente della Buba non si sente "come l'ultimo dei Mohicani all'interno della Bce", ma di sicuro incarna l'anima più dura, quella dei falchi rigoristi. "Non sono stato affatto il solo a giudicare criticamente l'acquisti di bond compiuti finora. Per me una politica del genere equivale ad un finanziamento di Stato compiuto stampando denaro. In questo modo la Bce non può risolvere durevolmente i problemi, corre invece il rischio di crearne di nuovi. Il finanziamento di uno Stato potrebbe rendere dipendenti come una droga". Quindi la stoccata diretta a Draghi: "La Bce si ricordi quanto fece in passato Bankitalia", di cui l'attuale numero uno di Francoforte è stato governatore fino all'anno scorso. "Negli anni '70 in alcuni Paesi adesso membri dell'unione monetaria si arrivò a tassi di inflazione a due cifre - ammonisce Weidmann -. Voglio solo ricordare la storia della Banca d'Italia e quanto duramente ha dovuto combattere per sottrarsi all'abbraccio del ministero delle Finanze, per poi festeggiare giustamente ciò come un grande successo". "Decidono i politici" - "Se le banche centrali acquistano bond dei singoli Paesi, questi finiscono nel bilancio dell'Eurosistema", conclude il presidente della Bundesbank, con la conseguenza che "alla fine a garantirle sono i contribuenti degli altri Paesi. Nelle democrazie a decidere su questa completa collettivizzazione dei rischi devono essere i parlamenti e non le banche centrali. L'Europa è fiera dei suoi principi democratici, che caratterizzano la sua identità. Dovremmo tenerne conto". 

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