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I Paesi Brics si fanno la bancaper sfilare il mondo all'Occidente

Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica creano un istituto pronto a supportare il loro sviluppo. E adesso corteggiano l'Iran e il suo petrolio

Andrea Tempestini
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  di Enrico Verga Il 27 marzo 2013 a Durban, in Sud Africa, s'è svolta la quinta conferenza dei Paesi BRICS, acronimo che sta per Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Significativa la scelta della location e il titolo del summit: «BRICS e Africa: partnership per lo sviluppo, integrazione e industrializzazione».  I cinque Paesi in questione si sono consolidati come economie e hanno creato una loro agenda per definire le priorità mondiali e una propria Banca per lo sviluppo, in apparente competizione con il Fondo monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Alcuni numeri possono far meglio comprendere lo scenario. La popolazione totale delle cinque nazioni è di poco inferiore ai 3 miliardi di persone, con una maggioranza di giovani, una classe media con un potere di acquisto equivalente ai nostri anni Sessanta  e una superficie totale che equivale a poco più di un quinto delle terre emerse dell'intero globo. Russia, Sud Africa e Brasile sono grandi esportatori di risorse naturali, minerali ed energetiche. India e Cina sono i grandi consumatori del gruppo. La Cina e l'India in particolare, consci dei loro limiti, sono alla disperata ricerca di nuovi territori che possano fornire cibo, energia, acqua pulita e materie prime per la loro crescente industria manifatturiera. In questo senso, con la creazione della banca BRICS, un nuovo elemento entra con prepotenza nella scena economica e geopolitica mondiale.  Poiché, come espresso dai documenti del summit, questa banca sarà strumento attivo per lo sviluppo e la crescita infrastrutturale delle nazioni associate o che decideranno di associarsi. La banca avrà una riserva iniziale di 100 miliardi di dollari, base che permetterà lo sviluppo di piani a breve e medio termine per la crescita delle nazioni, in particolar modo per il supporto d'iniziative di crescita in Africa.  Esiste poi un altro elemento che gli analisti occidentali non hanno pienamente valutato. L'influenza geopolitica che la banca BRICS potrà esercitare tramite i suoi associati sarà ampia, manifesta e strutturata. La Russia è parte dell'Unione Euroasiatica, il Sud Africa parte del Sadc, la Cina ha forti legami con le nazioni asiatiche e con l'Iran. Nulla esclude che i membri della banca possano estendere l'influenza del nuovo istituto  ad altri Stati con cui hanno legami commerciali o politici. E da Durban già sono uscite dichiarazioni in qualche modo politiche. I  cinque Paesi  auspicano  che si risolva in modo pacifico la situazione in Siria, Mali e soprattutto Iran.   Due sono gli aspetti che meritano attenzione nel rapporto tra i cinque grandi e la repubblica persiana.  Russia, Cina e gli altri BRICS hanno fin ora sopportato la posizione americana riguardante le sanzioni «secondarie» contro Paesi terzi che fanno affari con la repubblica islamica. Tali sanzioni violano, di fatto, alcuni aspetti delle regole in vigore nell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Ogni membro del WTO può interrompere il commercio con Stati considerati minaccia per la sua sicurezza nazionale. Non è possibile invece che lo Stato che si ritiene «minacciato» possa sanzionare altri membri della stessa organizzazione che hanno deciso di continuare le attività commerciali con quello  ritenuto pericoloso. Se gliSstati BRICS dovessero portare questo tema all'attenzione del tribunale del WTO (organo per la risoluzione delle dispute tra i membri) probabilmente gli americani potrebbero avere la peggio. Le sanzioni occidentali mirano a ridurre la volontà dell'Iran nel suo sviluppo nucleare. D'altro canto, durante la conferenza di Durban, i cinque Stati hanno dichiarato che uno sviluppo nucleare per scopi pacifici è accettabile. La scelta dell'Occidente di non acquistare più greggio e derivati dall'Iran ha spinto quest'ultimo a saldare i suoi rapporti commerciali proprio con i Paesi  BRICS. Per quanto il flusso di greggio in uscita dal porto di Kharg (il maggior hub per l'esportazione d'idrocarburi iraniani) sia diminuito, Cina e India sono ancora legati alle forniture mediorientali. Lo scenario si complica se consideriamo che i pagamenti tra Iran e i suoi clienti non avvengono più in dollari ma in altre monete, o persino con forme di baratto. Se la tendenza di accantonare il dollaro divenisse comune tra i membri Brics (già esistono accordi tra Cina e Russia in tal senso) la moneta statunitense perderebbe di valore. Con conseguenze imprevedibili sull'intero scenario planetario. Il crescente interesse della Banca BRICS verso soluzioni di sviluppo economico la rende un potenziale competitore del sistema finanziario occidentale. Di certo non estenderà la sua completa influenza prima di cinque anni, ma con la crisi dei Paesi occidentali e la continua pressione delle nazioni un tempo definite «emergenti» ma ormai quasi del tutto «emerse»,  l'Occidente, l'Europa e in particolare l'Italia dovranno riflettere  sul loro ruolo nel mondo, e valutare nuovi scenari e alleanze con grande attenzione.  

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