Italiani più spiati d'Europa:il Fisco ci controllacon 129 banche dati

Lo Stato sa tutto di noi. Ma non è in grado di far funzionare gli archivi digitali: software differenti, errori e Comuni "pigri" lasciano campo libero al nero
di Andrea Tempestinidomenica 23 giugno 2013
Italiani più spiati d'Europa:il Fisco ci controllacon 129 banche dati

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L'Italia dei record. Il primo, quello dell'evasione fiscale: secondo l'Ocse, tra i grandi Paesi europei, il Belpaese è quello a più alto tasso di nero con un'economia sommersa pari al 27% del Pil, che in cifre si traduce in una ricaduta annua di 180 miliardi di euro (quelli che non entrano nelle casse dello Stato). Poi c'è il secondo record: quello delle banche dati, del Grande Fratello che ci spia, ci controlla e sa tutto di noi. Ci sono ben 129 archivi di informazioni sul nostro conto. Un dato che testimonia l'impegno degli ultimi governi nella lotta all'evasione - un impegno nel nome del quale viene sacrificata la nostra privacy -, un impegno che però non dà i frutti attesi. Infatti questo mostruoso numero di banche dati ha un problema che le rende spesso inutili: non comunicano tra di loro e fanno fatica a connettersi con le amministrazioni degli enti locali, ossia quelli che in nome del federalismo dovrebbero attrezzarsi per la riscossione dei tributi. Controlli incrociati - La denuncia della situazione paradossale è arrivata da Confindustria Digitale, che di fatto si è limitata a ricordare le conclusioni dell'indagine conoscitiva parlamentare "sull'Anagrafe tributaria nella prospettiva del federalismo fiscale e il sistema delle banche dati nel contrasto all'evasione fiscale". L'indagine è durata 4 anni, e le 180 pagine di conclusioni stilate dalla Commissione sono però state subito dimenticate. Maurizio Leo, esperto tributario ed ex deputato, aveva coordinato il lavoro. E spiegava: "Nonostante le possibilità di accesso al patrimonio di dati dell'Anagrafe tributaria un numero elevato di enti territoriali (in prevalenza Comuni) non utilizza le informazioni disponibili". Questo vanifica la possibilità di effettuare, per esempio, controlli incrociati tra redditi e proprietari di immobili, o tra consumi di energia e partite Iva. Di fatto, la nostra privacy - per ora - viene violata senza però ottenere risultati tangibili. I paradossi - Il punto è che i Comuni, a corto di risorse tra sforbiciate e spending review, non hanno i soldi per aggiornare i software necessari al controllo o per assumere personale specializzato. Leo conferma: "Molte banche dati tra loro non dialogano". Un esempio, banale e sconcertante, è quello della scrittura dei cognomi: il "Di" scritto maiuscolo o minuscolo è sufficiente per mandare a rotoli un controllo. "Per superare questa incomunicabilità - prosegue l'ex deputato interpellato dal Corriere Economia - basterebbe una circolare della presidenza del Consiglio che obblighi tutte le banche dati a munirsi dello stesso software e degli stessi codici di immissione". Anche il presidente di Confindustria Digitale, Stefano Parisi, ricorda come il problema dell'incomunicabilità sia "noto all'Agenzia delle Entrate che si deve occupare solo di queste cose. Inutile fare i blitz estivi sui suv, basta investire nella interconnessione digitale per recuperare alla grande le sepse fatte". Quindi l'appello al premier Enrico Letta: "Mi auguro che se ne occupi diversamente". Il "cervellone" - Il Grande Fratello, insomma, esiste ma non funziona come lo Stato vorrebbe. Così si lavora per costruire la base anagrafica centralizzata, che dovrebbe essere il perno attorno al quale dovrà ruotare tutto il sistema fiscale e informativo. La sede del "cervellone" è in via Liszt a Roma, sede dell'Agenzia: i tecnici sono al lavoro per completarlo entro il 2015. Il direttore dell'Agenzia per l'Italia digitale, Agostino Rosa, spiega: "Entro due anni dovremo anche dialogare col resto d'Europa". Anche perché i danni per gli accertamenti fiscali, con l'attuale sistema di banche dati che non comunicano, sono notevoli. Un esempio: se la GdF di Milano scopre una società sospetta controllata da un cittadino residente a Catanzaro gli ispettori devono prima contattare il secondo Comune. Che, però, potrebbe non rispondere...