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Tasse, riforma Irpef col trucco: lo stipendio lordo che ti condanna, ecco chi sono gli italiani beffati dal governo

Attilio Barbieri
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Bocciato l'emendamento proposto da Draghi per introdurre il contributo di solidarietà sui redditi sopa i 75mila euro da destinare a mitigare il caro bollette, si torna l punto di partenza sulla riforma fiscale. La nuova Irpef a quattro aliquote che verrà introdotta l'anno prossimo, in luogo degli attuali cinque scaglioni, sta impegnando a fondo i tecnici per far tornare un'equazione di difficile soluzione. La detrazione di base sale a 3.100 euro dagli attuali 1.800, e si alza così sopra gli 8.000 euro (5.000 per i pensionati) la no tax area. Con un decalage per i redditi superiori alla soglia. Un elemento fondamentale per centrare l'obiettivo di abbassare il livello delle imposte anche per i redditi ai quali - con la riduzione delle aliquote da cinque a quattro, se ne applicherà una più alta. 

 

Per i redditi fino a 15.000 euro l'aliquota Irpef era al 23% e resta ferma, mentre cala da 27 al 36% per i redditi che vanno da 15.001 euro a 28 mila euro. Fin qui, le fasce di reddito non cambiano con la riforma. Oltre questa soglia comincia ad avere effetto la riduzione degli scaglioni. Mentre con il regime vigente sulla fascia reddituale da 28.001 euro a 55.000 mila euro si paga il 38% di Irpef, con la riforma in votazione il terzo scaglione si accorcia, da 28.001 a 50.000 euro e su questa fascia di reddito scatterà il 35% di Irpef in luogo del 38% attuale. Ma è sopra i 50mila euro che le cose si complicano. Oltre questa soglia di reddito, infatti, ci sarà un solo scaglione con l'Irpef al 43%, mentre ora i redditi da 55.001 a 75.000 euro pagano il 41%. Contemporaneamente il bonus Renzi che il governo Conte 2 portò da 80 a 100 euro rimarrà in vigore ma soltanto per i redditi fino a 15.000 euro. 

 

Le cifre complessive dovrebbero essere confermate: taglio di 7 miliardi di euro all'Irpef e di un miliardo all'Irap. Con un risparmio per il 2022, legato al meccanismi degli acconti e dei saldi. In pratica l'anno prossimo gli sconti d'imposta applicati si limiteranno a 4,8 miliardi destinati ad andare a regime con 8 miliardi di tagli soltanto nel 2023. A beneficiare degli sconti maggiori alla fine saranno i redditi più bassi. Almeno l'anno prossimo, con una decontribuzione aggiuntiva da 1,5 miliardi ai redditi fino a 35mila euro, in vigore per il 2022. Una misura che coinvolgerebbe almeno 20 milioni di lavoratori dipendenti, pari al 90% del totale per i quali scatterà un taglio dei contributi superiore a mezzo punto, dall'8,90% all'8,40%, ipotizzato inizialmente. Questa decontribuzione si accompagnerà all'aumento della no tax area a 8.500 euro per i pensionati. Ma resta in discussione un ulteriore taglio di un punto sui redditi fino a 20mila euro destinato a cumulare con il taglio dello 0,5% per il maxi scaglione reddituale fino a 35mila euro. Il fronte sindacale è diviso sul giudizio della manovra. 

La Cgil, con la riunione del direttivo, ha deciso di sostenere la linea di Maurizio Landini e in assenza di risposte è pronta a «proseguire e anche intensificare la mobilitazione, senza escludere iniziative di carattere generale». Vale a dire fino allo sciopero. Dalla Uil, Pierpaolo Bombardieri ribadisce che «non siamo soddisfatti», chiede che le risorse siano utilizzate per tagliare il cuneo e ridare potere d'acquisto alle famiglie: «Le scelte del governo non vanno in questo senso». Se non cambia, sarà sciopero? «Vediamo - risponde- aspettiamo di capire la proposta finale». Più sfumata la posizione della Cisl. Luigi Sbarra parla di «un passo importante e significativo», quello di poter contare su un miliardo e mezzo per il taglio dei contributi, nel 2022, per i redditi fino a 35mila euro.

 

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