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Bollette, importi in picchiata: la mossa decisiva per salvare i risparmi

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Sandro Iacometti
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I conti sono in ordine, con scostamenti minimi rispetto agli impegni presi da Mario Draghi con il Def lo scorso aprile, e Giancarlo Giorgetti, che ha già tirato fuori dal cilindro 30 miliardi, promette pure «ulteriori interventi» sulle bollette.

I conti pubblici sembravano una trappola micidiale per il nuovo esecutivo e ora invece si candidano ad essere il suo miglior biglietto da visita, in Italia e in Europa. «Il governo ha giurato il 22 ottobre», ha rivendicato non a caso Giorgia Meloni, «e in meno di due settimane ha raggiunto due obiettivi importanti: liberare 30 miliardi per mettere in sicurezza famiglie e imprese dal caro bollette e compiere il primo passo sul fronte della sicurezza energetica nazionale» con il via libera alle trivelle.

I DETTAGLI
Certo, la partita sui dettagli della manovra di bilancio è ancora tutta da giocare. Ma la cornice, per ora, sembra in grado di riuscire a tenere tutto insieme: dalle richieste di Bruxelles, che temeva un deragliamento sul deficit, a quelle delle imprese e delle famiglie, a cui ora servono sostegni concreti e non misure bandiera da campagna elettorale.

I numeri messi nero su bianco nella Nadef aggiornata con il quadro programmatico, pubblicata ieri sul sito del Mef, non fanno una grinza.
Giorgetti, anche grazie all'andamento del pil nel terzo trimestre migliore del previsto (che sarà però compensato da una congiuntura peggiore nel prossimo anno), è riuscito a trovare uno spazio di bilancio di 9,5 miliardi sul 2022 e di 2i miliardi sul 2023, con interventi correttivi chirurgici. La regola Ue sul saldo programmatico, si legge nel documento, è pienamente rispettata.

Quella sulla spesa ha una performance positiva. Mentre quella sul debito «non appare soddisfatta in senso stretto», ma il difetto era già contenuto nelle proiezioni tendenziali stilate dal governo Draghi e trova ampie giustificazioni nella deroga concessa da Bruxelles la scorsa primavera per evitare sforzi di bilancio eccessivi rispetto alle attuali condizioni economiche. Insomma, i saldi della manovra sembrano a prova di Eurogruppo, dove domani Giorgetti andrà ad illustrate il quadro programmatico della finanza pubblica italiana. Accanto alla prudenza e al rispetto degli impegni europei, però, il ministro dell'Economia considera una priorità anche gli interventi (dalla Nadef emerge che saranno sicuramente riproposti i crediti di imposta a favore delle imprese e il taglio delle accise sui carburanti fino al 31 dicembre) contro i rincari dell'energia, il cui «impatto sarà monitorato su base continuativa». E al più tardi ad inizio primavera «si valuterà se sussista l'esigenza di ulteriori interventi di calmierazione delle bollette e di aiuti a imprese e famiglie, e si definiranno le modalità di finanziamento di tali interventi».

Un doppio binario che piace molto a Confindustria. È positivo, ha detto Carlo Bonomi intervenendo all'assemblea di Federmeccanica, «che si mettano tutte le risorse sull'energia. Positivo anche l'annuncio che è stato fatto sul gas release. Positivo il voler proseguire nel voler mantenere la barra dritta sui conti della finanza pubblica».

 

 

CONVERGENZA
E una convergenza con le imprese potrebbe esserci anche sull'impianto della manovra vera e propria, su cui Giorgetti spiega che il lavoro di predisposizione «procederà a ritmi sostenuti nei prossimi giorni». Qualcosa, ovviamente, già è trapelato. Si parla della conferma del taglio al cuneo fiscale del 2% introdotto da Draghi (giudicato da Bonomi insufficiente) all'intervento sulle pensioni, su cui ieri il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha detto che il governo «farà di tutto per evitare lo scalone imposto dalle legge Fornero».

Per queste ed altre misure che troveranno spazio in manovra, ha spiegato venerdì il titolare di Via XX Settembre, i finanziamenti andranno trovati nei vari ambiti di competenza. E un'indicazione abbastanza chiara del luogo in cui andranno a cercare i tecnici del Tesoro è arrivata ieri dalla Meloni, secondo cui le risorse «non saranno disperse in bonus inutili». Un messaggio che sembra andare incontro all'appello lanciato dal presidente di Federmeccanica Federico Visentin: «Non abbiamo bisogno di segnali con misure temporanee e limitate, così si sprecano solo risorse.

 

 

Abbiamo bisogno di azioni che lascino il segno, che siano di sostanza e destinate a durare nel tempo». Suggerimento che, accanto a quello di «fare presto, perché la situazione è drammatica», il governo non dovrebbe ignorare, stando almeno ai segnali di dialogo già lanciati dal premier verso le parti sociali. Va in questo senso anche la convocazione, annunciata ieri, di un vertice con i sindacati a Palazzo Chigi per mercoledì prossimo. Sede in cui si capirà se le sigle e Confindustria, come ieri all'assemblea di Federmeccanica molti hanno ventilato, proveranno a creare un fronte comune per spingere su alcuni punti considerati prioritari in tema di lavoro e previdenza. Un asse non solo inedito ma complicato, viste le distanze su pensioni, cuneo fiscale e tasse sugli extraprofitti. Epperò l'ipotesi di un patto non contro il governo ma con il governo da parte di quel tessuto produttivo fatto di imprese e lavoratori, di chi crea ricchezza, come ha detto la Meloni nel suo discorso di insediamento, potrebbero non essere così assurda.

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