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Stipendi magri, sul potere d'acquisto del ceto medio si gioca il futuro del Pil

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Bruno Villois
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Il dinamismo con cui ha preso il volo l’inflazione, in brevissimo tempo, meno di 12 mesi, o peggio del contenuto del carrello della spesa corrente e con esso di ogni servizio che da essi deriva e ne consegue, ristorazione e annessi in primis, è esattamente all’opposto di quello che è stato il percorso del potere di acquisto che si è logorato nello stesso periodo, del doppio dell’inflazione ufficiale e dei prezzi del carrello. A questa situazione, se dovesse proseguire nell’intero arco dell’anno, non potrebbe che seguire un stagflazione di durata imprevedibile. Una situazione con ripercussioni avvertite su una larga fascia di popolazione delle città e in particolare di quelle metropolitane del nord Italia dove il costo della vita è parametrato a quello delle maggiori città europee, con la differenza che i redditi, sopratutto quelli da lavoro dipendente, sono enormemente inferiori, tanto da determinare forti dubbi sulla solvibilità per un altissimo numero di famiglie residenti.

 

 

 

Sono largamente diffusi i segnali di difficoltà che stanno emergendo nelle periferie della città, nelle quali risiedono oltre i due terzi delle famiglie. Uno scenario che è in progressivo deterioramento, seppur più limitato, anche per la tenuta dei conti correnti, il cui deposito medio comincia ad avvertire qualche logoramento, dovuto anche ad uno spostamento su strumenti finanziari regolamentati che offrono coperture seppur parziali all’inflazione. La situazione si fa altrettanto difficile per le attività commerciali e artigianali posizionate al di fuori dei centri, le quali subiscono il problema costi a cui si associa la diminuzione della domanda di beni e servizi e cresce il ritardo dei pagamenti ai fornitori. Lo scenario che si sta profilando potrebbe ulteriormente complicarsi nel momento in cui dovessero manifestarsi ulteriori problematiche per i costi delle materie prime agroalimentari, da prevedersi nel caso la possibile siccità dovesse concretizzarsi fin dalla primavera, per poi proseguire per l’estate.

 

 

 

La complessa congiuntura acuisce il distanziamento tra fasce sociali e indebolisce particolarmente un elemento sostanziale della domanda dei consumi e quindi della creazione del Pil, il ceto medio, i cui componenti risiedono nella maggioranza dei casi fuori dal primo e secondo centro cittadino, alle soglie della vere periferie. Nona caso la caduta dei consumi è particolarmente avvertita in queste zone, le chiusure degli esercizi commerciali di vicinato ne sono l’esempio eclatante. Il governo e l’intera classe politica dovrebbero mettere al centro della propria agenda, il problema divario sociale, occupazione e qualità del salario, il quale dovrebbe comunque essere vincolato alla produttività e al senso di responsabilità e appartenenza del lavoratore.

 

 

 

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