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Frigorifero fuorilegge, massacrati dalla Ue: chi è costretto a cambiarlo

Michele Zaccardi
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"L'energia rinnovabile alimenterà il futuro dell'Europa", ha esultato Frans Timmermans. A dare la stura alla tronfia retorica del Vicepresidente della Commissione è stato l’accordo raggiunto tra Parlamento Ue e Consiglio sulla direttiva Red III, che punta a imporre, entro il 2030, che il 42,5% del consumo energetico sia soddisfatto da fonti pulite- quota che a discrezione dei Paesi membri può arrivare al 45%- ben oltre il target del 32% in vigore dal 2018. Il che significa raddoppiare la produzione attuale, che copre il 22% del fabbisogno. Uno sforzo che rischia di tradursi nell’ennesima mazzata alla competitività dell’economia europea. E nel mirino, anche questa volta, ci sono le case. Dopo la direttiva sull’efficientamento degli edifici, che potrebbe costare all’Italia quasi 1000 miliardi di euro secondo Federcepicostruzioni, le nuove norme, con l’obiettivo di accelerare la transizione, fissano infatti delle soglie molto più stringenti per alcuni settori, tra cui gli immobili. Per questi ultimi, la quota di rinnovabili dovrà toccare almeno il 49% dei consumi per il riscaldamento e il raffrescamento entro il 2030, mentre occorrerà, in modo vincolante, aumentare il ricorso alle fonti green dello 0,8% annuo fino al 2026 e poi dell’1,1%. 

IL FRIGO FUORILEGGE - Sempre ieri, il Parlamento Ue ha adottato la sua posizione sul regolamento sui gas fluorurati, sostanze utilizzate nella refrigerazione e nel funzionamento delle pompe di calore. Il rischio è di affossare un intero comparto produttivo nel giro dei prossimi anni. Il testo prevede la riduzione graduale dell’uso di tali gas a partire dal 2039 e la loro completa eliminazione entro il 2050, ma ci sono delle scadenze intermedie che, se approvate, comporteranno dei costi economici e sociali salatissimi. I primi divieti potrebbero scattare già dal 2026. In particolare, preoccupano le possibili restrizioni all’impiego di una categoria di fluorurati a basse emissioni, gli Hfo. Un divieto o una riduzione del loro utilizzo avrebbero delle conseguenze sul funzionamento della refrigerazione (mobile e fissa), del condizionamento dell’aria (mobile e fissa), delle schiume e degli aerosol tecnici attualmente in uso nei Paesi dell’Unione. Solo per i supermercati italiani, un divieto degli Hfo, stima Assoclima, potrebbe incrementare i costi dell’elettricità fino a 2 miliardi di euro. «Le nuove regole porteranno cali di fatturato per le nostre aziende, in particolare quelle del settore pompe calore e trasporto refrigerato, e causeranno la perdita di posti di lavoro» ha dichiarato l’europarlamentare leghista Danilo Oscar Lancini. Quanto alle rinnovabili, i target indicati sono solo gli obiettivi minimi che valgono per tutti gli Stati. In aggiunta, infatti, potrebbero esserci degli incrementi ulteriori tarati sui singoli Paesi, a seconda della loro situazione specifica. «È un provvedimento che contiene aspetti tecnici ma che poi hanno un effetto molto concreto sulle aziende» commenta a Libero il capo delegazione della Lega al Parlamento Ue, Marco Campomenosi. «Pur condividendo l’obiettivo di aumentare il ricorso alle rinnovabili, si poteva stabilire una maggiore gradualità. Il problema è che qualcuno a Bruxelles continua a far finta di non capire che queste soglie così ambiziose comportano un costo per il nostro sistema produttivo». Un’ambizione striata d'ideologia che appare condivisa da Bruxelles e Strasburgo, con il Consiglio a fare da contrappeso. Lo dimostra il fatto che l’intesa raggiunta nella notte di mercoledì rappresenta un compromesso tra la posizione della Commissione Ue, che nella sua proposta aveva fissato un target del 45%, e gli Stati membri, in particolare quelli dell’Europa dell’Est, che spingevano invece per collocare l’asticella al 40%. Come detto, la direttiva, che fa parte del pacchetto climatico Fit For 55, andrà a incidere su diversi settori. Il capitolo più importante riguarda l’industria, che dovrà aumentare il ricorso all’energia rinnovabile dell’1,6% annuo.

 


 

ALTRI SETTORI - In ogni Paese, inoltre, la quota di idrogeno rinnovabile utilizzato dalle imprese dovrà raggiungere il 42% entro il 2030 e il 60% entro il 2035. Per la Francia, in questo quadro, si apre un spiraglio sull’uso del nucleare. Il testo, infatti, consente, a certe condizioni, che una parte dell’idrogeno venga prodotto attraverso l’energia atomica, una condizione ritenuta imprescindibile da Parigi. Nel frattempo, la direttiva sulle case green sta provocando alcune fibrillazioni all’interno del governo tedesco. «Non sosterrò alcuna proposta che imponga un obbligo di ristrutturazione tecnica di singoli edifici. E presumo che anche altri Paesi dell’Unione europea non lo faranno» ha dichiarato il ministro dell’Edilizia, Klara Geywitz, mettendosi in aperto contrasto con il titolare dell’Economia, il verde Robert Habeck. Dopo che a marzo Parlamento europeo e Consiglio hanno approvato la loro posizione, nelle prossime settimane sulla direttiva si aprirà il negoziato tra le istituzioni europee. Che sarà importante per le scadenze. Mentre Strasburgo vorrebbe far scattare la tagliola nel 2027 per la classe energetica E e al 2030 per la D, il Consiglio spinge per tempistiche più blande (2030-2033).

 

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