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Gufi smentiti: anche gli speculatori si fidano del governo

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Michele Zaccardi
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Ci provano da mesi; ma, purtroppo per loro, finora non ci hanno preso. Nonostante gli allarmi lanciati da settimane dai giornali, l’Italia non sembra impensierire i mercati. Certo, il debito è alto, al 140% del Pil, mentre la spesa per interessi dello Stato sfonderà i 100 miliardi di euro nel 2026. E poi c’è lo spread, il termometro che misura la sfiducia dei mercati verso il nostro Paese. Ma oltre a questo indicatore, sulle cui minime oscillazioni la stampa si è concentrata ossessivamente, c’è un altro numero da tenere in considerazione: il valore delle scommesse contro il debito italiano.

Ebbene, gli ultimi dati sconfessano la narrazione di un Paese che, sotto la guida di Giorgia Meloni, sarebbe finito nel mirino dei mercati finanziari. Secondo le statistiche elaborate S&P Global Market Intelligence e visionate in esclusiva da Libero, le puntate contro l’Italia sono ai minimi da marzo dell’anno scorso. Il 2 ottobre, tra posizioni speculative e “coperture” dal rischio di ribassi, i titoli del debito pubblico presi in prestito dai “Fondi avvoltoio” (Hedge fund) e dalle istituzioni finanziarie erano pari a 30,4 miliardi di dollari. Una cifra inferiore ai 32,7 miliardi del 24 marzo 2022 e ai 37 miliardi del luglio di un anno fa, quando a Palazzo Chigi c’era Mario Draghi. Certo, tra aprile e maggio scorsi il volume delle scommesse contro l’Italia si collocava su valori più bassi, in media intorno ai 26-27 miliardi. Ma è significativo che, dal picco del 4 settembre (35 miliardi), il calo è stato costante.

IL MECCANISMO
I dati di S&P Global Market Intelligence conteggiano tutti i prestiti di titoli, ma comprendono anche le operazioni fatte per fini speculativi. Il meccanismo, noto come vendita allo scoperto, funziona appunto come una scommessa al ribasso, con cui gli operatori cedono obbligazioni senza averle, per poi riacquistarle in un secondo momento a un prezzo inferiore. Per quanto riguarda gli altri Paesi europei, dai dati raccolti emerge che le puntate contro i titoli degli Stati Ue sono sono pari a 366 miliardi di euro. A fronte di un debito pubblico di poco superiore al nostro - 3mila miliardi di euro contro 2.858 - le posizioni ribassiste nei confronti della Francia ammontano a più del doppio: 78 miliardi di dollari. Anche in questo caso si registra una flessione importante rispetto al marzo del 2022, quando le scommesse ammontavano a oltre 91 miliardi. Contro la Germania, invece, gli investitori hanno puntato ben 100,7 miliardi di dollari, una cifra monstre, ma inferiore al picco toccato il gennaio, quando i titoli presi in prestito erano pari a 120 miliardi.

 

 


Si tratta comunque di numeri elevati, dal momento che il debito tedesco dovrebbe attestarsi a quest’anno a quota 2.779 miliardi di euro: in pratica, l’esposizione degli operatori è pari al 4% del totale del rosso di Berlino, un dato che per l’Italia raggiunge appena l’1%. In ogni caso, l’aumento delle pressioni sui titoli di Stato è normale nei periodi, come quello attuale, caratterizzati da forti aumenti del costo del denaro. I rialzi dei tassi decisi dalle Banche centrali di tutto il mondo deprimono infatti i i prezzi delle obbligazioni in circolazione (che offrono interessi meno generosi di quelle nuove). Una situazione ideale per i fondi speculativi che, attraverso le vendite allo scoperto, possono lucrare guadagni importanti. Detto questo, la fiducia riposta nell’Italia dagli investitori internazionali emerge anche dai loro acquisti del debito pubblico. Secondo gli ultimi dati diffusi da Bankitalia, a fine giugno i non residenti detenevano 649 miliardi di euro di titoli del Tesoro (come i Btp), 10 miliardi in più rispetto al settembre 2022, quando il centrodestra vinse le elezioni. Considerando il totale del debito (che oltre ai titoli comprende pure altri strumenti), l’incremento nello stesso lasso di tempo è pari a una ventina di miliardi (766 miliardi a fine giugno). Anche imprese e famiglie- invogliate dalle emissioni dedicate a loro, come il Btp Valore in asta in questi giorni (con un incasso di oltre 9 miliardi) - hanno aumentato la loro quota: sempre alla fine di giugno detenevano 276 miliardi di euro di obbligazioni del Tesoro, oltre 100 miliardi in più dei 168 di settembre 2022. Acquisti importanti per sostenere il debito pubblico, soprattutto ora che la Banca centrale europea ha ridotto al minimo i reinvestimenti dei titoli in scadenza che ha in pancia. Ma l’interesse degli investitori è importante anche perché, di recente, il Tesoro ha alzato l’asticella delle emissioni di bond a medio lungo termine per quest’anno, portandola dai 310-320 miliardi previsti in precedenza a 333 miliardi.

SOTTO PRESSIONE
Intanto, i titoli di Stato continuano a essere sotto pressione. Complice l’attesa per un periodo prolungato di tassi elevati, ieri i rendimenti delle obbligazioni sovrane dei Paesi europei sono cresciuti ancora. Lo spread tra il decennale italiano e il pari durata tedesco ha chiuso a 196 punti (+8 sul giorno prima). Il rendimento dei Btp è salito di 13 punti base, toccando il 4,93%. Anche il Bund tedesco ha messo a segno un lieve rialzo, raggiungendo quota 2,96%, ai massimi dal dicembre 2011, mentre l’Oat francese si è attestato al 3,5%. Non va meglio negli Stati Uniti, dove i mercati- in seguito ai dati sulle offerte di lavoro, migliori delle attese - iniziano a scontare un ulteriore riazlo dei tassi da parte della Federal Reserve. Il Treasury decennale americano ha aggiornato i massimi dal 2007, arrivando al 4,77%.

 

 

 

 

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