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Dalle fabbriche dismesse ai nuovi poli museali, il rilancio passa dall'arte

Bruno Villois
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Benedetto il Pnrr, ma purtroppo, come si poteva facilmente prevedere, la sua attuazione è gravata dal rischio della complessità della macchina pubblica, associato a un limitato contributo del coinvolgimento del privato. È indiscutibile che a svolgere le attività saranno essenzialmente soggetti a capitale privato, ma il coinvolgimento delle associazioni datoriali, che rappresentano le categorie economiche, scarseggia, essendo state marginalmente coinvolte nel definire tempistiche, obiettivi e soprattutto designare risorse proprie da integrare a quelle comunitarie per ampliare ulteriormente i ritorni per il nostro Paese.

Il governo sta tentando di ridurre lacci e lacciuoli della burocrazia e nel farlo si sottopone a fuochi di sbarramento inconcepibili che arrivano dalle opposizioni, le quali da una parte vorrebbero tutto e il suo massimo, senza però intervenire su regole che hanno limitato per decenni la nostra crescita e delle quali sono stati prima promotori e attivatori e poi incapaci se non di rimuoverle del tutto ma almeno di snellirle.

 

 

Questo accelerato snellimento che sta mettendo in atto il governo è indispensabile per poter dare corso ai progetti approvati dal concedente comunitario.

In questo scenario di snellimento sarebbe opportuno che ne potessero usufruire anche i privati per dare corso ad attività che consentano loro di migliorare ad esempio gli spazi dedicati alle produzioni, piuttosto che sgomberi veloci di aree ex industriali, magari dismesse da decenni e ormai abbandonate al degrado totale. Bene ricordare che le varie trasformazioni industriali degli ultimi quarant’anni hanno creato centinaia di milioni di metri quadri inutilizzati. Soprattutto al nord questa situazione è ricorrente e incontra difficoltà per trovare percorsi che consentano un rilancio di interi territori.

Solo il privato può investire in questi siti abbandonati e riportarli a rinascere con funzioni non solo produttive ma anche per il tempo libero, la salute, l’assistenza agli anziani, la cultura, con la nascita di poli espositivi che permettano di portare alla luce un infinito numero di capolavori chiusi nei ripostigli di grandi musei, come la Pinacoteca di Brera, piuttosto che gli Uffizi, i quali potrebbero concederli, pur mantenendo le proprietà, per creare nuovi poli museali in grado attrarre visitatori italiani ed esteri.

 

 

Si pensi al caso di Bilbao che grazie all’accordo con la fondazione Guggenheim ha allestito un polo museale che riesce ad attrarre molti milioni di visitatori ogni anno, operazione che ha avuto ricadute fondamentali su commercio, servizi e terziario di una dimensione insperata, tanto da portare la città fra le prime 20 più prospere dell’intero globo. Noi, oltre alle solite 8-10 perle mondiali, potremmo creare il doppio o il triplo di Bilbao, grazie proprio all'attrattività artistica. L’esempio della seconda sede del Louvre ad Abu Dhabi negli Emirati Arabi, testimonia quanto sia opportuno puntare sull’arte per far rinascere intere aree grazie all’utilizzo del nostro patrimonio artistico e al prestigio internazionale che posseggono almeno due nostre entità museali, gli Uffizi e Brera. 

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