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Saga superbonus (110%). Ma che mal di testa

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 Superbonus 110%

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Profitti illeciti derivati da truffa aggravata ai danni dello Stato per oltre 18 milioni di euro (anno d’imposta 2021), riconducibili a ricavi non dichiarati al nostro fisco. Tre denunciati. E’ lo sviluppo delle indagini che da mesi la GdF di Treviso porta avanti sulle truffe da superbonus 110 per cento, che hanno coinvolto un Consorzio (Casa Zero).

Le somme derivavano dalla monetizzazione dei crediti fiscali del superbonus, utilizzati per pagare ingenti parcelle di professionisti coinvolti nell’inchiesta e consulenze per individuare gli intermediari interessati all’acquisto dei crediti. I lavori non sono mai stati eseguiti. 

Un nuovo capitolo di una saga lunga diverse legislature, che il Governo attuale vorrebbe lasciarsi alle spalle. Ancora profitti illeciti, ancora arricchimento dei responsabili di questa ultima mega truffa. 
Non è stato possibile eseguire il sequestro dei proventi illeciti, ma in richiamo ad una norma del ‘93 lo si è tassato.  

Le “fiamme gialle” hanno concluso la verifica fiscale. La traduzione pratica è che torna ora prepotente alle cronache di questi giorni il dibattito sul maxi-credito che divide i rappresentanti della maggioranza dell’Esecutivo Meloni in moderni Guelfi e Ghibellini. A chi sostiene la volontà di non prorogare la misura, si oppone chi ne vorrebbe una che funga da salvagente, mettendo al riparo imprese e professionisti.

Giorgia Meloni: è truffa che pesa come un macigno
«L’Italia, al netto della misura del superbonus che, purtroppo, pesa come un macigno su nostri conti pubblici [e sottrae 20 miliardi di euro l’anno], è una Nazione virtuosa che non chiede una modifica delle regole». E: «è un provvedimento che nasceva da un intento condivisibile» ma è stato trasformato «nel più grande regalo fatto dallo Stato a truffatori e organizzazioni criminali, lasciando aziende e famiglie per bene in un mare di guai. Questione che ora noi cerchiamo di risolvere». 

La Premier parlava appena un mese fa, in sede di replica al Senato dopo la discussione sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio Ue del 14 e 15 dicembre scorsi, dove sottolineava che le risorse sono state utilizzate per efficientare meno del 4% del patrimonio italiano, in gran parte seconde e terze case. 

Si aggiungono le frodi scoperte ogni giorno, come quella appena bloccata dalla Guardia di Finanza di Treviso, per miliardi di euro. Ma non prorogare il maxi-sconto, intenzione di Meloni, è per molti una soluzione impraticabile. A fine dicembre scorso è intervenuto il nuovo “decreto superbonus” (dl 212/2023) per far salvi i cantieri non terminati, in nulla in grado di accontentare i soggetti coinvolti negli interventi incompiuti.

La soluzione individuata dal Governo attraverso il decreto è, di fatto, una sanatoria sui lavori non ultimati. Di diverso effetto sarebbe stato consentire, sugli interventi in avanzato stato di realizzazione, l’ultimazione entro due o tre mesi, usufruendo ancora dell’aliquota del 110%. Di questo avviso è la Presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, audita dalla Commissione Finanze della Camera.
“In questo modo - affermava -, quegli interventi che fossero stati rallentati dalle ricorrenti difficoltà nella cessione dei crediti, dovute ai continui cambi normativi degli ultimi mesi, avrebbero potuto concludersi ordinatamente, evitando contenziosi tra condomini-committenti e imprese, e scongiurando pericolosi blocchi dei lavori, che avrebbero potuto costituire una minaccia patrimoniale a carico delle famiglie per il recupero, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dei crediti già loro concessi”. La sanatoria, all’opposto, permette ai contribuenti di mantenere l’incentivo fruito fino al 31 dicembre 2023 anche in caso di mancata conclusione dei lavori. 

“Il decreto - dice Brancaccio - non riduce, quindi, in nessun modo il problema delle famiglie e delle imprese e la soluzione individuata rischia piuttosto di favorire l’abbandono dei cantieri e le opere incompiute”.

I dati nelle mani del Presidente Ance (monitoraggio Enea-Mase) restituiscono un quadro chiaro: a fronte di più o meno 10 miliardi di euro di lavori da terminare nei condomini, è possibile stimare in 40.000 il numero di cantieri condominiali incompiuti, per un totale di circa 350.000 famiglie coinvolte e un valore dei contratti che corrisponde a 28 miliardi di euro.

La saga viene alimentata in queste ore. Vediamo come. Dal fascicolo degli emendamenti al “Salva-spese” degli ultimi giorni del 2023 è spuntata, pochi giorni or sono, la novità di una soluzione bipartisan. Già, poiché se il Mef ha bloccato e bloccherà ogni ipotesi che gravi sui conti pubblici, l’Esecutivo Meloni continua ad affrontare la pressione, trasversale a tutti gli schieramenti, verso la riapertura dei termini.

Intanto, il decreto sosta, in attesa di conversione, presso la Commissione Finanze della Camera. La soluzione bipartisan era finalizzata ad allungare i tempi del 110%. Ance, per voce della Presidente, Federica Brancaccio, nel corso delle Audizioni al decreto sul dl n. 212/2023, aveva evidenziato che il provvedimento avrebbe dovuto permettere a chi avesse in corso un intervento in avanzato stato di realizzazione, di poterlo ultimare entro 2/3 mesi usufruendo dell’aliquota agevolata. Motivo: gli interventi rallentati dalle difficoltà nella cessione dei crediti dovute alle norme degli ultimi mesi, avrebbero potuto concludersi ordinatamente, scongiurando contenziosi condomini-committenti e imprese e blocco lavori che avrebbero potuto innescare la minaccia patrimoniale per le famiglie in relazione al recupero dei crediti loro concessi. Da lì la proposta.

Ma che mal di testa
Notizia fresca (20 gennaio 2024) è che no, non si può. Il partito della premier Meloni – Fratelli d’Italia – si riallinea alle intenzioni iniziali di chiudere con il bonus del 110%, defilandosi dalla soluzione della riapertura dei termini. Il gruppo parlamentare della Camera sostiene che la decisione proviene dal ministero dell’Economia (che, certo, è irremovibile per via, come anticipato, della difesa dei conti pubblici).
Una verifica verrà fatta nella riunione tecnico-politica in programma (martedì 23 gennaio). Attendiamo speranzosi. 

di Alessia Lupoi
direttore responsabile di redigo.info

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