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Superbonus, conto alla rovescia: il 4 aprile è l'ultimo giorno

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Michele Zaccardi
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Nessuna remissione in bonis e fine delle comunicazioni correttive: domani sarà l’ultimo giorno utile per inviare all’Agenzia delle Entrate le opzioni di cessione del credito e sconto in fattura riguardanti le spese sostenute nel 2023 (e le rate residue degli anni precedenti che non si vogliono portare in detrazione), senza più la possibilità di ricorrere ai tempi supplementari (prima fissati al 15 ottobre). È una corsa contro il tempo per accedere all’ultima finestra del Superbonus. Le nuove norme approvate la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri prevedono anche il ritorno alla detrazione nell’arco di 10 anni per chi non ha pagato nemmeno una fattura entro il 30 marzo 2024, sebbene abbia inviato la Cilas (la comunicazione asseverata di inzio lavori) entro il 16 febbraio del 2023, data della stretta decisa dal governo l’anno scorso.

Cancellata dopo il 4 aprile anche la remissione in bonis, ovvero la possibilità per i ritardatari di sanare la loro situazione entro il 15 ottobre pagando una sanzione di 250 euro. L’unica deroga è prevista per le aree terremotate del centro Italia: la stretta non si applicherà agli immobili danneggiati dai terremoti di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria verificatisi nel 2009 e nel 2016, ma con uno stanziamento massimo di 400 milioni di euro per quest’anno. Come ribadito a più riprese dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, la stretta alla super detrazione al 110% per i lavori di efficientamento energetico dell’edilizia è stata necessaria per non gonfiare ulteriormente il deficit del 2023, già lievitato, per il tiraggio oltre le previsioni del Superbonus, dal 5,2% indicato nella Nota di aggiornamento al Def dello scorso autunno al 7,2% stimato dall’Istat. L’obiettivo, insomma, è quello di arginare la corsa dei crediti edilizi, per tenere sotto controllo i conti pubblici. Anche perché, al momento, numeri precisi sul costo del Superbonus non ce ne sono. Le stime indicano in 150 miliardi l’ammontare dei crediti di imposta generati dal 2020 a oggi. Ma il rischio, concreto, è che il conto possa lievitare fino a 160 miliardi. Il che significa il disavanzo del 2023 di 0,5 punti. Intanto, dopo il via libera al decreto in Consiglio dei ministri, la partita si sposta in Parlamento perla conversione in legge.

 

 

E alle camere la maggioranza è in fibrillazione. Se Lega e Fratelli d’Italia sono decisi a impedire qualsiasi ulteriore deroga, Forza Italia punta a smussare la stretta. Pure il Consiglio nazionale dei commercialisti chiede alcune correzioni al testo. In una lettera inviata ieri al ministro dell’Economia Giorgetti e al suo vice, Maurizio Leo, l’associazione scrive che bisogna superare «alcune rilevanti criticità» presenti nel decreto Superbonus, che ha apportato «ulteriori e rilevanti modifiche», in particolare per «la cessione del credito e lo sconto in fattura che, salvo casi residuali rivolti a soggetti colpiti da eventi sismici, sono state definitivamente abrogate». Nel frattempo infuria la polemica politica. Al governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che denuncia l’ingiusta esclusione della sua regione da quelle per cui vale la deroga, risponde Fratelli d’Italia. «Dal terribile sisma del 2012 sono passati 12 anni e sono state molte le occasioni in cui il presidente Bonaccini si è vantato di aver da tempo concluso l’iter volto alla ricostruzione. Bonaccini si è quindi accorto di essersi sbagliato?» attaccano i senatori di Fratelli d’Italia eletti in Emilia-Romagna, Alberto Balboni, Michele Barcaiuolo e Marco Lisei.

Questo mentre Giuseppe Conte, che approvò il Superbonus quando era premier nel 2020, torna a sottolineare l’impatto positivo della misura sull’economia. Il 110, ha detto il leader del Movimento 5 Stelle, «varato in piena pandemia, ci ha consentito, lo dice il Financial Times, di essere locomotiva in Europa. Abbiamo prodotto in tre anni un incremento del Pil di 13,2 punti, ridotto il rapporto debito-Pil di ben 17,6 punti creando quasi un milione di posti di lavoro». Per Conte il governo ha fatto del Superbonus «il capro espiatorio» della «propria incapacità di costruire misure di rilancio del Paese». «Sono andato via da Chigi dopo pochi mesi che era entrata in vigore la misura» ha aggiunto, «dopo ci sono stati Draghi e Meloni, quindi sarebbero responsabili di una falla» nei conti pubblici. 

 

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