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Stellantis spaccia auto cinesi: l'ultima scoperta sul gruppo

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Sandro Iacometti
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Il momento è arrivato. O quasi. Dopo essere andata in giro per il mondo (Marocco, India e Brasile) a caccia di ingegneri che accettassero paghe di due terzi inferiori a quelle dei colleghi europei e statunitensi per risparmiare un po’ sugli stipendi, adesso Stellantis si prepara a risolvere il problema della concorrenza cinese che sta mettendo in ginocchio l’automotive di tutto il continente in un modo un po’ bizzarro: vendendo direttamente lei le auto del Dragone a basso costo. L’annuncio è previsto per la prossima settimana. Martedì il gruppo guidato da Carlos Tavares svelerà direttamente da Hangzohou tutti i dettagli delle strategie di commercializzazione dei veicoli Leapmotor fuori dalla Cina. Il progetto è in cantiere da tempo. Da quando lo scorso anno il gruppo franco-italiano ha investito 1,5 miliardi per acquisire il 20% della società cinese. La conferenza stampa a cui parteciperanno sia Tavares sia il presidente di Laepmotor Zhu Jiangming segnerà il debutto ufficiale di Leapmotor International, una joint venture controllata da Stellantis al 51%, focalizzata sulla produzione e commercializzazione nel mondo delle elettriche Leapmotor.

Ora bisogna stare bene attenti, perché da una parte c’è la produzione, dall’altra la semplice vendita, che potrebbe anche passare per un finto assemblaggio che consentirebbe di aggirare i dazi che la Ue sta studiando sui veicoli prodotti in Cina grazie a valanghe di sussidi pubblici. Sul primo fronte, che almeno potrebbe garantire un sostegno ai livelli occupazionali di Stellantis, c’è ancora riserbo. Inizialmente si era ventilata la possibilità di coinvolgere Mirafiori, che è ormai avviata verso la desertificazione, ma ora, invece, dovrebbe essere in pole position lo stabilimento di Tychy in Polonia, quello dove vengono prodotti moltissimi marchi Fiat spacciati per made in Italy, compresa l’ultima Alfa Romeo “Milano” poi diventata “Junior” dopo le proteste. Le produzioni dovrebbero avere inizio nel 2026, ma non richiederanno molta forza lavoro. Saranno infatti realizzate grazie ad alcuni kit di assemblaggio che arriveranno direttamente dalla Cina. Insomma, si tratterà solo di mettere insieme un po’ di pezzi, tipo una cassettiera di Ikea. Si tratta, infatti, di una tecnica di assemblaggio nota come Skd (Semi Knocked Down), che consiste in una vettura già quasi pronta che poi viene assemblata in un’auto completa dopo l’importazione. In totale si dovrebbe arrivare a circa 150 mila auto prodotte all’anno. L’obiettivo entro il 2030 è quello di piazzare in Europa 500 mila auto di Leapmotor.

 



Ma la vendita diretta, tanto più che ora non ci sono nemmeno tassazioni particolarmente svantaggiose, visto che il dossier è ancora sul tavolo di Bruxelles, partirà ben prima. Stellantis vuole fare in fretta e già ad ottobre sarà avviata in Europa la commercializzazione del primo modello, la city car elettrica T03, a cui poi seguirà in un secondo momento anche quella del SUV C10. Il tutto sarà effettuato sotto il cappello di Stellantis. Il marchio Leapmotor verrà infatti proposto attraverso concessionari che già vendono altri marchi del gruppo e, secondo diverse indicazioni, i primi dovrebbero essere nominati nell’Europa meridionale a partire proprio dall’Italia. Stellantis e Leapmotor puntano alla costruzione di una rete di diverse centinaia di rivenditori in tutto il continente. Insomma il trucco è doppio. Per ogni evenienza. Se la Ue dovesse decidere di mostrare i muscoli sui dazi, i veicoli saranno prodotti in Europa con auto già semi costruite che richiederanno il minimo impegno di manodopera. Se le tasse sulle importazioni non arriveranno, Stellantis entrerà in competizione con gli altri gruppi europei che sono alla canna del gas per sostenere i prezzi bassi delle auto cinesi, con veicoli economici che arrivano direttamente dal Dragone ma saranno distribuiti nei concessionari “rassicuranti” del gruppo franco-italiano. Con buona pace della geopolitica, del futuro dell’Ue, e di quello dell’Italia a cui gli Agnelli-Elkann, non fosse altro per i sussidi ricevuti nei decenni, dovrebbero tenere un pochino.

 

 

 

 

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