Il debito italiano torna di moda: un terzo agli investitori esteri

La quota di titoli di Stato in mano a fondi stranieri continua a salire e arriva al 33,2%
di Sandro Iacomettivenerdì 15 agosto 2025
Il debito italiano torna di moda: un terzo agli investitori esteri

3' di lettura

Saranno pure tutte bufale quelle sulla ritrovata credibilità dell’Italia e del successo internazionale di Giorgia Meloni, peraltro decantato dalle principali testate straniere, non dai fedelissimi di Fratelli d’Italia. Epperò i numeri continuano ostinatamente a supportare questa narrazione truffaldina. Basta leggere qualche rapporto di Bankitalia per avere un’idea dell’opinione che gli investitori internazionali hanno nel nostro Paese. Quello diffuso ieri ci spiega che il debito è salito alla ragguardevole cifra di 3.070 miliardi, cosa che farà indignare le opposizioni, a partire da quelle che il buco lo hanno creato col superbonus, e che le entrate sono cresciute del 4,2% (+1,8 miliardi) nel mese e del 3,4% (8,5 miliardi) rispetto allo scorso anno, cosa che farà di nuovo indignare la sinistra, che le tasse le ha sempre aumentate a prescindere dal gettito. Ma il bollettino di Via Nazionale ci dice anche che a maggio (ultimo dato disponibile) la quota di debito pubblico in mano agli investitori esteri è ulteriormente aumentata dal 33 al 33,2%, superando ampiamente i mille miliardi.

Può sembrare un numerino insignificante. In realtà si tratta del bollino di qualità della gestione politica e finanziaria del Paese. Per capire bene il significato di questa cifra vale la pena ricordare che a febbraio 2020, prima della pandemia, la percentuale era al 32,4% e che nel marzo 2023 la quota era scesa al 26,2%, livello minimo dal dicembre 1998. Volendo andare più indietro si può facilmente verificare che per ritrovare qualcosa di simile alla soglia di maggio bisogna tornare indietro al 2011, prima che l’Italia venisse travolta dalla crisi dei debiti sovrani europei che mise in ginocchio la reputazione del Paese e scatenò la fuga degli investitori esteri dai nostri titoli di Stato, che malgrado gli altissimi rendimenti offerti dai Btp iniziarono a vendere a mani basse temendo il peggio. Il ritrovato interesse dei mercati finanziari per l’Italia è del resto certificato quotidianamente dall’andamento dello spread, che dai 240 punti del 2022 continua a viaggiare da settimane intorno agli 80 punti (ieri chiusura a 81), anche in questo caso si tratta di livelli simili a quelli che si vedevano oltre 15 anni fa, prima del terremoto.

Vabbè, tutte chiacchiere sovraniste. E allora sfogliamo il Financial Times. «La coalizione di destra a tre guidata da Meloni», si legge in un articolo di ieri, «ha garantito un raro periodo di stabilità politica che ha calmato i mercati obbligazionari» e «la prudenza fiscale ha conquistato gli investitori». Merito anche della «graduale eliminazione del controverso superbonus, che è costato alle casse pubbliche oltre 200 miliardi». La dimostrazione del buon lavoro fatto dal governo è non solo nello spread con i Bund tedeschi, ma anche in quello con gli Oat francesi, che attualmente hanno un rendimento (più è basso più il titolo è considerato affidabile) solo dello 0,14% inferiore a quello dei nostri Btp. Lasciamo la sintesi al quotidiano britannico. Secondo il Financial Times questa convergenza ha ribaltato «le opinioni consolidate sulla posizione della Francia come uno dei debitori più sicuri della regione e dell'Italia come uno dei più rischiosi, con un enorme stock di debito pubblico pari a circa il 140% del Pil».