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Le larghe intese allargano i buchi nelle nostre tasche

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Pil a picco e disoccupazione alle stelle: questo governo è riuscito solo ad allargare i buchi nelle nostre tasche aperti da Monti. Inoltre ci ha regalato due ministri indifendibili (ma incollati alla poltrona) come la Cancellieri e Saccomanni. Non ci resta che toccare ferro..

Ignazio Stagno
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Le larghe intese hanno allargato solo i buchi nei conti dello Stato e dell'economia.  Ne dà prova una sintesi che il nostro Franco Bechis ha elaborato e che trovate nelle pagine interne. Si tratta di una tabella in cui sono evidenziati il rapporto debito Pil, la produzione industriale e i disoccupati fra il 2011 e il 2013, vale a dire negli anni in cui ci siamo affidati ai tecnici, prima Monti e poi Letta. Le cifre sono catastrofiche e dimostrano che due anni di manovre non ci hanno fatto uscire dal tunnel, ma ci hanno fatto precipitare in una crisi più nera.  Non voglio togliere a Bechis il piacere di illustrare i danni dei professori, mi limito solo a un paio di indicatori. Nel secondo trimestre del 2011, cioè quando i mercati iniziarono a mettere nel mirino il nostro Paese a causa dell'alto rischio, il rapporto debito Pil era di poco sopra il 121 per cento. Dopo un anno di cura Monti l'indice era già arrivato al 127 per cento e alla fine di giugno di quest'anno,  cioè grazie agli amorevoli provvedimenti di Enrico Letta e del suo governo si era oltre il 133 per cento. La produzione industriale con Berlusconi calava dello 0,80 per cento, ma a settembre 2013 siamo a meno 3 per cento.    C'è poi la disoccupazione:  dall'8 per cento del 2011  siamo passati all'11,20 per cento dopo un anno di Monti e al 12,50 dopo sei mesi di Letta.  Risultati da piangere, soprattutto se confrontati con la media dei Paesi Ue:  rapporto debito-Pil al 93 per cento, disoccupazione al 12,20 nonostante fosse al 10 nel 2011,  produzione industriale su dell'1,10 nonostante due anni fagli Stati europei registrassero mediamente un calo analogo al nostro.  Insomma, un disastro, che si accompagna ad alcune notizie di giornata. La prima riguarda i conti dell'Inps, ente che dopo essere stato unificato con l'Inpdap, cioè il gruviera degli istituti previdenziali, dovendo farsi carico delle pensioni dei dipendenti pubblici rischia di veder salire in modo esponenziale le perdite. La seconda «buona nuova» della giornata è che in Italia abbiamo l'economia che va peggio, ma possiamo vantare i manager pubblici più pagati d'Europa. Secondo una ricerca, infatti, incassano il triplo di quello che percepiscono i loro colleghi negli altri Paesi: in media 650 mila dollari l'anno.  Infine, tanto per completare l'attentato alle coronarie dei contribuenti onesti, arriva via Ansa l'informazione che secondo il Fisco i lavoratori dipendenti  guadagnano più dei loro datori di lavoro: duecento euro di differenza, non certo una fortuna, ma sufficienti a garantire un travaso di bile a chiunque sia costretto a onorare i propri impegni con l'Agenzia delle entrate. Non che in passato non si fosse già parlato dell'assurdo confronto retributivo che premia gli operai a scapito dei padroni, ma dopo due anni di lotta all'evasione fiscale con blocco del contante, analisi incrociate e annullamento di ogni privacy bancaria oltre alle retate dei finanzieri nelle località di villeggiatura ci attendevamo che lo squilibrio fosse riequilibrato. E invece no, tutto come prima. Anzi peggio. Allora a che cosa è servito sospendere la democrazia, annullare le elezioni, affidarci ai tecnici, fare le larghe intese e stringere la cinghia? Ve lo diciamo noi, ad avere due ministri come Fabrizio Saccomanni e Annamaria Cancellieri, due servitori dello Stato e non della poltrona che però dalla poltrona non si scollano neanche dopo che da più parti sono stati invitati a farlo. Nel caso del responsabile dell'Economia la faccenda è nota: non solo non ne azzecca una - di previsioni - ma neppure è un tipo che non si fa notare. In tv e a tavola si lascia andare a dichiarazioni improvvide per poi essere costretto a smentire o a farsi smentire.  Per giunta, in tempi di spending review c'è chi lo accusa di prendere il volo di Stato anziché il più economico aereo di linea (Tremonti andava a Washington con l'Alitalia, non con i jet della presidenza del Consiglio).  Nel caso della Cancellieri è anche peggio. Sul caso Ligresti il ministro della Giustizia, già soprannominata la “ministra umanitaria”, ai pm e in Parlamento aveva detto di essersi limitata a un paio di telefonate di circostanza, una per rappresentare la sua vicinanza a una famiglia ristretta ai domiciliari e in cella, l'altra perché preoccupata della salute della figlia più piccola dell'ingegnere di Paternò.  Si scopre invece che di chiamate ne esistono altre: una terza partita da un cellulare che pare del ministro e diretta verso un telefono di Antonino Ligresti, fratello di Salvatore; più altre intercorse fra il marito della Cancellieri e lo stesso Antonino. Insomma, altro che telefonate di cortesia, da quanto emerge siamo di fronte a una corrispondenza d'amorosi sensi, anzi di amorose conversazioni. In altri tempi, per una faccenda del genere, un ministro delle larghe intese che chiama il fratello di un arrestato un giorno prima di essere interrogato a proposito delle sue telefonate con la famiglia dei detenuti, nonostante le ragioni «umanitarie» avrebbe già fatto le valigie.  Ma, come dicevamo, le larghe intese impediscono larghe uscite, cioè dimissioni di massa, pena far traballare lo stesso governo. Dunque c'è il rischio di doversi rassegnare sia a Saccomanni che alla Cancellieri. Però, visti i risultati (economici) una riflessione occorre farla: ma siamo sicuri che questi tecnici e queste larghe intese portino bene e non sfiga?  di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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