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Filippine, Vagni sta bene

E' con la banda di Abu Sayaff

Albina Perri
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Eugenio Vagni “è vivo e ancora in mano ai suoi rapitori, i militanti islamici di Abu Sayaff. Ma l'esercito filippino li ha localizzati e sa dove sono”: arrivano notizie confortanti dalle Filippine sul connazionale rapito lo scorso 15 gennaio da un gruppo di fondamentalisti islamici dell'isola asiatica. A fornire gli ultimi aggiornamenti è stato il ministro dell'Interno di Manila, Ronaldo Puno, al quotidiano locale The Inquirer. Secondo il ministro, il volontario della Croce rossa internazionale “è stato visto con una banda di Abu Sayaff” e l'esercito filippino è in grado di localizzarlo. Secondo le autorità locali il gruppo è guidato da Yasser Igasan, conosciuto anche come Abu Alih. Non sono però state rivelati altri dettagli. Il governatore della provincia di Sulu, Abdusakur Tan ha confermato che l'ostaggio italiano “è vivo” e che i suoi emissari »sono in constante contatto con Abu Sayaff “per cercare di convincere il gruppo a liberare Vagni”. L'appello della moglie: liberatelo - Intanto si susseguono gli appelli per il suo rilascio. “Ogni creatura che opera per sollevare le pene e assistere i bisognosi gode, nell'Islam, di protezione e garanzia della sua incolumità e libertà”, si legge nell'appello che il presidente dell'Ucoii (Unione comunità islamiche italiane) Mohamed Nour Dachan ha rivolto, oggi ad Ancona, ai rapitori dell'operatore della Croce rossa, prigioniero ormai da 104 giorni. Dachan ha pronunciato l'appello per la liberazione di Vagni affiancato dalla moglie del tecnico Kwan, dalla piccola Letizia, sua figlia, dai fratelli Romeo e Francesco e dai due parroci di Montevarchi (Arezzo), don Pasquale Corsi e don Mauro Frasi, che hanno accompagnato ad Ancona i congiunti del rapito. “Con Torsello, Giuliana Sgrena e le due Simone i nostri appelli - ha osservato Dachan - hanno dato esito positivo, e così anche stavolta cerchiamo di fare qualcosa. Abbiamo la certezza che i sequestratori ci guardano, hanno canali internazionali e traduttori e stasera - ha aggiunto - consegneremo la videoregistrazione dell'appello ad Al Jazeera”. Prostrata Kwan Vagni, che a un certo punto, con la voce rotta dalle lacrime, ha detto in inglese ai rapitori: “Rilasciatelo, e fatelo tornare a casa, sono più di 100 giorni che è stato rapito, ha famiglia e figli, non possiamo continuare a vivere in questo modo”.

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