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Ecco perché alla Germania l'euro non serve più

A Berlino la moneta unica è servita a pagarsi i costi della riunificazione

Lucia Esposito
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  di Paolo Becchi  È necessario liberarsi da un equivoco politico divenuto ormai senso comune, e dal quale dipendono un'infinita di conseguenze: quello di considerare la formazione dell' Unione Europea come un processo di unificazione politica di tutti i popoli europei e di creazione di una “comunità di diritto” che garantisca pace, diritti e libertà a tutti i cittadini dell'Unione. Al contrario, l'Europa è stata fin dall'inizio pensata e costruita come spazio egemonico franco-tedesco . Nel 1948 Adenauer aveva dichiarato: «Il futuro di tutta l'Europa dipende da uno stabile rapporto tra la Francia e la Germania». L'anno successivo replicava De Gaulle: «Io dico che occorre istituire l'Europa sulla base di un accordo tra francesi e tedeschi». Il trattato dell'Eliseo, firmato il 22 gennaio 1963 tra il Generale e Adenauer, segna la definitiva “riconciliazione” franco-tedesca.  Il cambiamento  Naturale conseguenza del progetto europeo fu la riunificazione politica della Germania. E se prima di quella realizzazione la Germania era una grande potenza economica, ma politicamente debole, le cose sono cambiate dopo il 1989. La prima decisione politica della nuova Germania fu, non a caso, l'introduzione della moneta unica, la quale fu, con l'accordo tra Kohl e Mitterand, imposta a tutti gli altri Paesi, ottenendo così il massimo beneficio da quella moneta in termini economici. L'asse Kohl – Mitterand ha dettato i tempi dell'integrazione europea, dell'adozione del Trattato di Maastricht, dell'accelerazione per la costruzione dell'Europa unita. Le altre nazioni hanno dovuto allinearsi: Prodi ripeteva continuamente «ce lo chiedono in Europa». Ma cosa significava per l'Italia di allora entrare nella zona euro? In una recente intervista, Vincenzo Visco, Ministro delle Finanze ai tempi di Prodi (1996-1998) ha rivelato: «Berlino ha consapevolmente gestito la globalizzazione: le serviva un euro deprezzato, così oggi è in surplus nei confronti di tutti i paesi, tranne la Russia da cui compra l'energia.  La strategia Era un disegno razionale, serviva l'Italia dentro la moneta unica proprio perché era debole. In cambio di questo vantaggio sull'export la Germania avrebbe dovuto pensare al bene della zona euro nel suo complesso». Ma la Germania ha finito per chiederci molto di più: ha imposto la distruzione del nostro sistema industriale. Come ha precisato Nino Galloni, ex funzionario al bilancio, l'accordo tra Kohl e Mitterrand «prevedeva anche la deindustrializzazione dell'Italia. Perché se l'Italia si manteneva così forte dal punto di vista produttivo-industriale, quell'accordo tra Kohl e Mitterrand sarebbe rimasto un accordo così, per modo di dire» (cfr. Il funzionario oscuro che faceva paura a Kohl, in www.byoblu.com). Se dunque l' Unione Europea, prima, e la moneta unica, poi, erano state pensate e funzionali a rendere la Germania una potenza non solo economica ma anche politica, è evidente che, oggi, questi strumenti non servono più, perché nel frattempo, gli scopi sono stati raggiunti. La moneta unica, oggi, non serve più a nessuno, e non serve, anzitutto, alla Germania, che con essa ha pagato i costi delle unificazione. Compiuta la sua funzione politica, la moneta unica resta solo uno strumento in mano agli speculatori. Da quando Draghi, pochi giorni fa, ha dichiarato che l'euro «è irreversibile» è iniziato l'assalto all'euro: lunedì lo spread era a quota 538 punti ed è dovuta intervenire la Consob, mentre Piazza Affari ha fatto registrare un -3,51%, oggi la giornata resta all'insegna del ribasso un -2,72% e lo spread supera nuovamente quota 530. Ed allora occorrerà rinviare il colpo finale, drogando di nuovo i mercati e magari abbassando i tassi di interessi. Staremo a vedere. Ma, in queste condizioni politiche, il colpo è comunque solo rinviato: ci si accanisce per tenere in vita il morto, quando ormai si sono già perdute tutte le speranze.  

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