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La flotta di pescherecci di frodoche ci dà pesce con il bollino Ue

Navi illegali e flotte di marinai schiavi che cambiano bandiera e sfuggono a tutti i controlli: così sulle nostre tavole può arrivare di tutto...

Andrea Tempestini
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  di Leonardo Piccini L'Unione Europea è vittima o complice del fenomeno della pesca illegale al largo delle acque territoriali di Liberia e Sierra Leone?  Se lo chiedono in molti, dopo la clamorosa scoperta di un fenomeno inquietante: quello delle navi fantasma, veri e propri bastimenti di decine di migliaia di tonnellate di stazza, che battono le coste dell'Africa Occidentale con una caratteristica comune. Cambiano di continuo compagnia di bandiera e armatore, ma in compenso, sono tutte titolari di licenze che aprono loro i mercati dell'Unione Europea. Ciò che Libero è in grado di svelare, è che il pescato illegale di questi pescherecci transoceanici (molti di loro battano bandiera cinese), finisce ogni giorno nel porto spagnolo di Las Palmas, nelle isole Canarie. Da lì il pesce, entra nel mercato ittico europeo senza alcun controllo sulla sua provenienza illegale.  Nel caso ad esempio, di «Marcia 707», un enorme cargo frigo che batte bandiera sudcoreana, è stato possibile appurare un altro fenomeno davvero inquietante: quello dello sfruttamento della manodopera. La Ong inglese Enviromental Juustice Foundation, ha denunciato le pratiche inumane imposte dal comandante, che ha assoldato un equipaggio di nazionalità senegalese. il più giovane di questi sfortunati lavoratori, aveva appena 14 anni; i pescatori, alloggiati a bordo in condizioni davvero miserevoli, sono stati costretti a passare un periodo di tre mesi in mare aperto, pescando ogni giorno per 16 ore, a bordo di piroghe imbarcate sulla nave madre, spesso in condizioni di pericolo, e costretti a scaricare a notte fonda sul Marcia 707 tutto il loro pescato. Altri esempi? Il motopeschereccio «Seta-70» e la nave cargo frigorifero «Seta-73», responsabili della pesca di frodo in acque territoriali di Liberia e Sierra Leone, e provvisti delle necessarie di licenze europee, vantano un primato davvero strabiliante: cambiano di continuo bandiera e armatore. Prima navigano sotto la bandiera del Belize, poi sotto quella di Angola e Giappone, e infine, decidono di mettersi al riparo da ogni conseguenza legale, battendo bandiera della Corea del Sud.  Un altro esempio è quello offerto dalla nave «Kumyeong-2», conosciuta anche come «Bellesol-2»: è stata individuata pochi giorni fa in Guinea, nel porto di Conakry, e magicamente, aveva cambiato nome. Sulle murate ora appare il nome di «Consu». Costretta ad abbandonare il porto di Freetown in Sierra Leone, per sfuggire alle autorità locali che avevano spiccato un mandato d'arresto per il suo comandante, l'imbarcazione aveva preferito dirigersi nelle calde acque tropicali della Guinea. Secondo quanto ci è stato riferito dalla Ong britannica EJF, che ha sede a Londra e uffici in Liberia e Sierra Leone, altri tre enormi battelli cargo, di cui uno di più di 133 metri di lunghezza, battano da mesi le coste africane: hanno bandiera panamense, operano in alto mare e stivano il pescato trasbordato dai motopescherecci oceanici di proprietà di una compagnia con sede a Hong Kong. Navi sprovviste del sistema di rilevazione satellitare Vms (il Vessel Monitoring Sistem) che permette di localizzare in ogni istante le imbarcazioni e di sapere quando queste penetrano in zone protette o vietate alla pesca e alla navigazione.  Secondo la nostra inchiesta, la flotta fantasma sarebbe composta da altre otto imbarcazioni: sei di queste, battono bandiera sudcoreana, una dell'Honduras, un'altra addirittura è sprovvista di qualsiasi tipo di insegna o di bandiera, come una vera e propria nave dei pirati. Tutte, sono in possesso delle licenze dell'Unione Europea e scaricano la propria merce in Spagna.  Navi alla ricerca di tonno, gamberi, sogliole e cernie: saccheggiano le coste africane, gettando reti a strascico lunghe anche 60 metri e dragano tutto il sottofondo marino, minacciando così, non solo l'ecosistema ma la sopravvivenza stessa delle popolazioni locali.  

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