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Razzismo all'austriaca: Falcone e Impastato in un panino

Un pub di Vienna vende sandwich ispirati alla mafia: ripieni di würstel e pregiudizi

Francesco Specchia
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C'è qualcosa, se non di ingenuamente razzista, di terribilmente stupido, nell'operazione di marketing a cui un pub sta sottoponendo i suoi panini,  a Siate Gasse, nel cuore gastronomico della Vienna che conta.   Con richiamo ai peggiori stereotipi sulla Sicilia e sulla mafiosità degli italiani, infatti, il locale Don Panino sta impostando i propri menu su protagonisti delle vicende di Cosa Nostra. Ora, vada per il «Mafia pasta», un primo piatto dal costo di sette euro e cinquanta. Vada anche per il «Don Morello» o il «Don Corleone», il saltimbocca da 4 euro e 50 pesto, olive e pollo dedicato al Godfather per eccellenza. Vada, perfino, per il «Don Buscetta», il collaboratore di giustizia finito tra rucola e paprika. Tecnicamente, si trattarebbe di rebel chic, , fenomeno pubblicitario che indica campagne costruite  su stilemi criminali ridicolizzati ad uso commerciale (lo stesso principio su cui si basano serial come I sopranos).  Ma qui siamo decisamente oltre il marketing. Molto oltre. La cosa indigeribile è l'inserimento nel menu viennese di prodotti come il «Don Peppino», ossia un panino che ostenta un chiaro riferimento a  Peppino Impastato, il giornalista antimafia morto ammazzato dalla mafia. Il Don Peppino è corredato da una piccola scheda dove vi si leggono gli ingredienti addolciti da un ritrattino del personaggio: «Siciliano dalla bocca larga fu cotto in una bomba come un pollo nel barbecue...».  Al Don Peppino si aggiunge - un'oscenità semantica, oltre che una stretta al cuore- il sandwich «Don Falcone». Trattasi di Giovanni Falcone, qui omaggiato con aglio pesto, insalata iceberg, salsiccia grossa di maiale e grana. A cotè la didascalia: «Si è guadagnato il titolo di più grande rivale della mafia di Palermo, ma purtroppo sarà grigliato come un wurst». Quel purtroppo dovrebbe essere l'ésprit di uno chef spiritoso, ma è un carico di tritolo che salta per la seconda volta.  «È come se in una trattoria italiana servissero sullo stesso menu il soutè di cozze Goebbels e l'amatriciana Anna Frank, con tanto di poesiola irriverente», commenta il Corriere.it. Tutto sottoscrivibile. Se non fosse che, in questo caso, nemmeno l'ironia serve a fare da scudo nei confronti d'una beceraggine che spiazza in tutte le lingue; e che mescola uomini di mafia ed eroi dell'antimafia in un pot pourri d'ignoranza e cattiva coscienza. Ed è più che naturale che - informa il settimanale Panorama- un gruppo di italiani residenti a Vienna stia oggi raccogliendo firme sulla piattaforma Causes.com, per chiedere all'ambasciata italiana assopita di battere un colpo, di protestare in uno scatto d'orgoglio patrio e di chiedere perlomeno il ritiro dei menu. Strano che queste idiozie a botte di pregiudizio le facciano gli austriaci. Di solito, il livore schizofrenico verso l'Italia era prerogativa tutta tedesca. Fu sui giornali germanici che, infatti, apparvero le copertine con le pistole fumanti nei piatti di spaghetti («Spaghettifresser», sbrana-spaghetti o« Bolanderschugger», inghiottipolenta erano i nomignoli più diffusi) e i riferimenti frequentissimi al film Il Padrino di Coppola. Almeno, lì, i tedeschi avevano la scusante che con noi perdevano sempre a calcio. Eppoi i tedeschi posseggono l'ironia di una scrivania in palissandro. Ma gli austriaci, no. Diamine. Degli austriaci ci tornano in mente i guizzi di grandi pensatori: Karl Kraus e Hans  Sedlmayr, geniali smascheratori dell'apparente sicurezza dell'Austria felix dell'impero austroungarico. Degli austriaci noi rammentiamo i «tocchi cinematografici» dell'ebreo Billy Wilder o di Ernst Lubitsch scappati dalla madrepatria a causa delle persecuzioni naziste. Ora, invece, ecco questi panini farciti di salsa acida di sarcasmo. Vanno di traverso più a loro, che a noi... di Francesco Specchia  

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