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La Aquarius con 141 immigrati a bordo tra Malta e Lampedusa

Matteo Legnani
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E' l'odissea di ferragosto, quella della nave Aquarius, che sabato scorso aveva raccolto 141 immigrati al largo delle acque territoriali libiche. Subito dopo il "salvataggio", il ministro dell'Interno Matteo Salvini aveva immediatamente avvertito le due Ong che operano sulla Aquarius, Sos mediterranee e Medici Senza frontiere, che la loro unità non avrebbe mai visto un porto italiano. Naturalmente, nelle 48 ore successive, nessun altro Paese europeo affacciato sul Mediterraneo, s'è fatto avanti per offrire un attracco. Silenzio dai francesi (figuriamoci) e dagli spagnoli, che dopo aver fatto i brillanti un mese fa facendo attraccare la Aquarius a Valencia si sono resi conto di avere i numeri sugli sbarchi più alti di tutta Europa e hanno "tirato i remi in banca". Così, a quattro giorni dal recupero degli africani, la Aquarius si trova ora tra Malta e Lampedusa e il presidente della Ong Sos Mediterranee, ha lanciato un appello: "Tutti i paesi europei si assumano le proprie responsabilità per trovare un porto sicuro per la nave umanitaria Aquarius, che ha salvato 141 persone venerdì. L'Aquarius è in posizione tra Malta e l'isola italiana di Lampedusa. La situazione attuale è in completa contraddizione con la legge marittima Internazionale". Ma l'impressione è che l'effetto-Salvini abbia fatto cambiare il vento una volta per tutte nel Mediterraneo: "I sopravvissuti ci hanno detto che cinque navi passavano senza fermarsi, e oggi non ci sono navi nella zona di emergenza, siamo molto preoccupati" ha detto lo stesso presidente di SOS. Danilo Toninelli ha suggerito che sia la Gran Bretagna a prendersi carico della Aquarius e del suo carico di immigrati: "Batte bandiera di Gibilterra, vada là" ha detto il ministro delle Infrastrutture. Leggi anche: Matteo Salvini, il monito alla Aquarius: "Non vedrà mai..."

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