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Iraq, la tragedia delle donne yazidi: rapite e vendute come schiave per soddisfare gli jihadisti

di Giulio Bucchi domenica 10 agosto 2014

2' di lettura

Troppo tardi per alcune centinaia di donne della minoranza religiosa yazidi. Già catturate e tenute prigioniere dal gruppo dello Stato islamico, sono ormai finite all’asta e cedute ai guerrieri islamici. È il portavoce del ministero dei diritti umani dell’Iraq, Kamil Amin, a indicarne la sorte: «Pensiamo che queste donne verranno usate in modo umiliante da questi terroristi per soddisfare i loro desideri animaleschi in un modo che contraddice tutti i valori umani e islamici», ha spiegato all’Associated Press. Nessun dubbio al riguardo: «Riteniamo che i terroristi adesso considerino le donne schiave e abbiano piani malvagi per loro». Secondo la ricostruzione del governo iracheno le donne hanno meno di 35 anni e vengono trattenute in scuole di Mosul. Il ministero, ha riferito il portavoce, è venuto a conoscenza delle prigioniere dalle loro famiglie. Decine di migliaia di yazidi sono fuggiti quando il gruppo dello Stato islamico ha catturato la città settentrionale di Sinjar, vicino al confine con la Siria. I commenti di Amin sono la prima conferma del governo iracheno che alcune donne sono in mano ai militanti. Anche gli Stati Uniti hanno confermato informalmente che il gruppo Stato islamico ha rapito e imprigionato donne yazidi, in modo che possano essere vendute o sposate a combattenti estremisti. Le informazioni, provenienti da rapporti dell’intelligence riservati e riferite anonimamente da un funzionario, non contengono tuttavia stime sicure sul numero delle donne. Martedì scorso la parlamentare yazida Vian Dakheel aveva lanciato un appello al Parlamento di Bagdad per chiedere al governo iracheno di salvare il popolo yazidi, spiegando che «le donne vengono vendute al mercato degli schiavi». Sul monte Sinjar, preso d’assedio dall’esercito del Califfo Al Baghdadi, gli yazidi sono di fronte allo stesso pericolo vissuto un secolo fa dagli armeni sul Mussa Dagh. Nel settembre 1915, grazie all’intervento della flotta francese, quattromila cristiani riuscirono a sfuggire al genocidio. Ma dovettero combattere per sopravvivere e anche le loro donne imbracciarono i fucili per non finire schiave e concubine dei turchi. Oggi è una popolazione curda di origini zoroastriane a rischiare lo sterminio. In loro soccorso, si sono schierati i peshmerga curdi, che ieri hanno aperto un varco a circa cinquemila rifugiati attraverso le montagne per consentire loro di fuggire verso la Siria mentre l’aviazione statunitense ha fornito appoggio militare e ha paracadutato aiuti umanitari. Nel mirino dei jihadisti, nel frattempo, ci sono almeno altre 300 famiglie yazide, circondate nei villaggi di Koja, Hatimiya e Qaboshi. Minacciano di ucciderli se non si convertiranno all’islam. Per loro è iniziato un macabro conto alla rovescia. di Andrea Morigi

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