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Hamas intercetta gli aiuti umanitari

E la popolazione palestinese si impoverisce. I numeri del rapporto di "Secondo protocollo"
di Roberto Amaglio sabato 5 giugno 2010

2' di lettura

Del blocco navale israeliano e della situazione mediorientale se ne è parlato ormai molto, soprattutto da quando il blitz israeliano sulla Freedom Flottiglia, l’imbarcazione partita da Cipro carica di beni si supporto per la popolazione palestinese, ha riportato sulle prime pagine dei giornali un conflitto le cui radici si perdono nella notte dei tempi. Da allora discussioni a 360° sull’opportunità dell’intervento delle forze armate israeliane, sul numero dei morti e sulla necessità o meno di mantenere il blocco navale. Ma pochi media hanno approfondito il percorso degli aiuti umanitari che attraccano nella Striscia di Gaza. Una fotografia della situazione, però, è riscontrabile nell’estratto del rapporto “Gaza 2010”, la cui versione integrale è stata inviata alle nazioni unite il 23 aprile scorso. Riassumendo le otto pagine del documento realizzato da Secondo Protocollo grazie alle testimonianze dei palestinesi e di alcune Ong operanti nel territorio gestito da Hamas, sono due gli aspetti principali che emergono: innanzitutto l’intercettamento da parte di Hamas di tanti aiuti umanitari che quindi non arrivano alla popolazione; conseguentemente, lo sdoppiamento dell’economia e della ricchezza nella Striscia di Gaza. Aiuti a vuoto – nel 2009 la marcia della solidarietà nei confronti del popolo palestinese residente a Gaza ha avuto Gli aiuti vengono intercettati da Hamas che li rivende sul mercato legale e nero. E la popolazione si indebita un'accelerazione incredibile. Oltre 5000 camion nel 2009 contro i 606 del 2008, con un incremento indicativo del 900%. Tuttavia il benessere del popolo palestinese non ha registrato concreti segnali di miglioramento. La motivazione è semplice: anche grazie alla commistione con alcune Ong (solo alcune, è bene sottolinearlo), Hamas riesce a mettere le mani su molti dei beni destinati alla popolazione, gestendo in prima persona la ridistribuzione dei beni ricevuti. Questo filtro è utile per due motivi: oltre ad approvvigionare la ricca schiera dei suoi affiliati, Hamas può mettere sul mercato questi prodotti di prima necessità, riuscendo così a far girare il commercio nella Striscia di Gaza. Popolazione sempre più povera – ne consegue che la popolazione, già duramente provata dalle perenni tensioni belliche con Israele e gli stessi estremisti islamici di Hamas, s’impoverisce sempre di più, essendo costretta ad acquistare (anche sul mercato nero) generi alimentari o sanitari che le spetterebbero gratis. Così facendo, i civili non hanno nemmeno le potenzialità economiche per procedere alla ricostruzione delle proprie abitazioni o dei propri locali. Un meccanismo che è già stato riscontrato dall’associazione “Secondo protocollo” anche per quel che riguarda la gestione dei fondi economici provenienti dall’Onu che, citando le conclusioni dei responsabili del reportage stilato nel 2009, servono solo a rimpinguare le casse dei militanti e a permettergli di ricostruire i propri bunker.

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