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Merz-Macron, il piano per spartirsi l'Europa

Il leader tedesco e quello francese si ritengono i padroni dell'Europa e vogliono ridurre il ruolo internazionale di Roma
di Daniele Capezzone giovedì 8 maggio 2025

3' di lettura

Potremmo presentarla così: come una pomposa autoincoronazione da parte di due anatre zoppe. Emmanuel Macron, come si sa, è in pieno tramonto: detestato in Francia, prossimo all’uscita di scena, con un’eredità politica già ridotta a un cumulo di macerie. Quanto a Friedrich Merz, il neocancelliere tedesco ha conosciuto l’altro giorno un’alba che sa di crepuscolo: una maggioranza più fragile che larga, tra trappole e congiurati, e con la prospettiva di trattative estenuanti ad ogni passaggio politico delicato. Una leadership dimezzata già in partenza: mentre AfD si gode lo spettacolo, e – solo da fine febbraio a oggi – ha guadagnato altri 6 punti, salendo al 26% dei consensi.

E invece eccoli lì – Macron e Merz – in posa plastica, all’Eliseo, simulando centralità imperiale. Leggere il testo diffuso dai due leader è un esercizio di pazienza. Le parti condivisibili (ci sono) rappresentano la negazione delle politiche pervicacemente seguite da Francia e Germania in questi anni: al punto che le odierne invocazioni della «neutralità tecnologica» (dopo le follie del Green Deal) e di «alleggerimento degli oneri amministrativi in seno all’Ue» (dopo anni di regolamentazioni ossessive) hanno il sapore della presa in giro.

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Ci sono anche parti chiaramente non condivisibili, sbilanciate, incongrue: un tono fin troppo amichevole verso la Cina, e invece un approccio fastidiosamente aggressivo verso gli Usa («garantire risposte decise ad azioni avverse che colpiscano l’Europa»). Quindi una carezza a Pechino e una gomitata a Washington: il che non sembra un buon modo di porsi rispetto a un tipo come Trump.

Ma, per quanto gravi siano questi elementi di contenuto, si tratta di aspetti tutto sommato marginali nella logica di Macron e Merz. Ciò che conta è che – in modo del tutto autoreferenziale e autoproclamato – i due si ritengano padroni d’Europa, parlando della loro leadership come «necessaria». Nientemeno. Ci fanno sapere che Germania e Francia intendono istituire un «consiglio di difesa e di sicurezza» comune, e su ogni tema – nel testo – parlano sempre e solo dei loro interessi nazionali: Parigi e Berlino, Berlino e Parigi, non c’è altro. Il che ovviamente non ci sorprende: da queste parti, vi raccontiamo da sempre che ogni paese persegue la propria agenda, mica quella degli altri. Ma dovrebbe indurre anche noi a superare timidezze e antichi complessi di inferiorità, e a regolarci di conseguenza. Basti pensare al coro stonato di editoriali e commenti che, durante la visita di Giorgia Meloni alla Casa Bianca, si preoccupavano per il fatto che Roma – a causa di quell’invito – potesse allontanarsi da Bruxelles. L’Editorialista Unico italiano era in pena per Francia e Germania.

Verrebbe da chiedere ai nostri eurolirici, ai parrucconi del patriottismo europeo: dov’è finita la vostra Ue? Vi siete resi conto del fatto che Macron e Merz se ne sono completamente – e volutamente – dimenticati ieri? O meglio: vogliono solo comandare, come sempre, chiamando “europeo” quello che invece è e resta l’interesse nazionale francese combinato con l’interesse nazionale tedesco.

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La realtà è che i due hanno obiettivi tattici di corto respiro, soprattutto quando fingono di essere portatori di una strategia di lungo periodo. Per un verso, sul piano interno, cercano più che altro di coprire le loro debolezze, le fragilità politiche dei governi che hanno messo in piedi, tentando di supplire con l’attivismo e la retorica in politica estera. E per altro verso, sul piano internazionale, cercano di proporsi, se non come anti-Trump, per lo meno come interlocutori forti, come soggetti coi quali Washington dovrebbe relazionarsi prioritariamente. E poi diciamocelo: c’è anche il tentativo di arginare Roma, di bypassare il ruolo che il governo italiano si è ritagliato. Tutte ragioni – ci mancherebbe – per rispettare molto Francia e Germania. Ma anche per non farci dettare proprio niente da Parigi e da Berlino.

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