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Harvard vietata a chi è di destra, il miglior ateneo del mondo come una organizzazione mafiosa

di Carlo Nicolato martedì 28 dicembre 2021

2' di lettura

Spesso citata come la migliore del mondo, sicuramente la prima fondata negli Stati Uniti (1636), l'Università di Harvard è anche probabilmente quella meno democratica d'America. Così impegnata a garantire diversità di genere e varietà razziali, stabilendo quote di fatto che sono al limite del costituzionale, l'Università, come sostiene perfino il famoso quotidiano studentesco interno "Crimson", "non ha mai fatto alcun tentativo di rafforzare la rappresentazione di tutto lo spettro ideologico".

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Nemmeno la nuova uscita di "Salient", la rivista quindicinale interna degli studenti conservatori sospesa per dieci anni di totalitarismo ideologico, ha rappresentato una svolta, dal momento che i redattori che hanno scritto sul primo numero non hanno nemmeno avuto il coraggio di firmarsi preferendo pseudonimi come "Tucidide", "Catone", "Publius" ecc. I diretti interessati si difendono sostenendo sia stata una scelta editoriale per spersonalizzare e mettere al centro della pubblicazione le idee, ma la verità è che ad Harvard chi promuove tesi politiche non allineate ha paura di ritorsioni da parte dei professori, di essere additato come retrogrado e fascista dagli altri studenti e perfino di non trovare lavoro dopo la fine degli studi. In una parola ha paura di essere vittima della "cancel culture" di cui l'università più prestigiosa del mondo è diventata uno dei centri vitali.

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L'aria che si respira ad Harvard è da Paese totalitario, o «da organizzazione mafiosa», come ha detto Jacob Cremers, coraggioso studente del secondo anno portavoce della rivista stessa. Lo dimostrano anche i numeri: secondo un sondaggio effettuato dal "Crimson" stesso a inizio anno su 236 membri della facoltà di arti e scienze solo sette si sono identificati come conservatori rispetto ai 183 che hanno detto di essere "molto liberali". Tra i professori giovani (sotto i 36 anni) il rapporto tra chi si dichiara democratico e repubblicano è di 22 a 1, tra quelli anziani è di 10 a 1. Tra gli amministratori la situazione è ancora più estrema. E stiamo parlando degli Stati Uniti, non della Corea del Nord. 

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