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Ucraina, Antonio Stango: "Perché Putin vuole radere al suolo le città"

Maurizio Stefanini
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Fondatore nel 1987 del Comitato Italiano Helsinki, oggi Federazione Italiana Diritti Umani, Antonio Stango già nel 1988 assieme a Centro Russia Ecumenica e Gruppo Federalista Europeo organizzò alla Camera il convegno internazionale "Ucraina: una nazione negata", e poco dopo un altro convegno sulle minoranze in Urss.

«Ho visitato molte volte l'Ucraina: ero a Kyiv anche durante "Euromaidan" nel febbraio 2014, poi ancora a Kiev e a Odessa un mese dopo. Assistetti a lavori del Parlamento, visitai associazioni, chiese, rappresentanti della comunità ebraica; e naturalmente ho continuato a seguire tutti gli sviluppi con missioni e contatti diretti».
A una esperienza quarantennale di attivismo suo diritti umani unisce sei annidi esperienza militare, dalla Nunziatella a un reparto operativo, e poi è stato in diverse aree di conflitto come osservatore e giornalista free lance. Che sta succedendo in questo momento in Ucraina?
«Le forze russe hanno fallito l'obiettivo di prendere il controllo del Paese in pochi giorni, mostrando gravi problemi logistici. La mia valutazione è che Putin abbia finito per credere davvero a parte della propria propaganda, secondo la quale gli ucraini - che considera "russi inconsapevoli" - sarebbero stati pronti a cedere per liberarsi da un "regime nazista di drogati genocidi" che, ovviamente, esiste solo nelle sue campagne di disinformazione».

 

 


 

 

Mosca ha cambiato tattica?
«Sì ma il rischio è che accada in parte quello che vidi di persona in Cecenia nel gennaio 1995: quando, dopo le prime disfatte, lo stato maggiore russo decise di radere al suolo Grozny con bombardamenti indiscriminati. La seconda guerra cecena, fra il 1999 e il 2000, mentre Putin esautorava Eltsin prendendone il posto, completò la distruzione. Fare esattamente la stessa cosa con Kiev non sarebbe possibile - ma azioni ancora più apertamente in spregio delle convenzioni internazionali di quelle compiute nella prima settimana di questa fase della guerra sono probabili».
Che possibilità ha la resistenza?
«Considerata l'impossibilità di occupare l'intera Ucraina, per le sue dimensioni e per la preparazione e la motivazione delle sue forze armate, oltre che per l'impegno di riservisti e volontari, la guerra potrebbe durare molte settimane. L'assedio di Grozny nella seconda guerra cecena durò due mesi; e ritengo che Kyiv possa resistere anche di più. Sarà durissima, e tutti i Paesi democratici hanno la capacità e il dovere di sostenere con ogni mezzo una popolazione vittima di un attacco sferrato senza alcuna ragione che abbia un minimo di fondatezza».
Si parla del golpe del Maidan e della "denazificazione"...
«In Euromaidan i gruppi di estrema destra erano molto minoritari; in tutte le elezioni di questi otto anni, hanno ottenuto percentuali bassissime. Decine di migliaia di persone affrontarono il gelo dell'inverno di Kiev e di altre città rimanendo accampati per mesi contro l'oltraggio fatto da Yanukovich nel decidere improvvisamente di non firmare l'accordo di associazione con l'Unione Europea e di firmare al suo posto un trattato con la Federazione Russa. Il massacro di cento manifestanti a Kiev su ordine di Yanukovich trasformò le proteste nella "rivoluzione della dignità"; la sua fuga lo fece decadere dalla presidenza, come stabilì il voto di un Parlamento eletto non meno democraticamente di lui e alle cui sedute assistetti. I "nazisti" nelle istituzioni ucraine semplicemente non esistono - e il fatto che il presidente sia ebreo rende tale accusa ancora più ridicola per chi la formula».

 

 

 


I javelin dimostrano che dopo poco più di un secolo l'epopea del carro armato è alla fine?
«I mezzi attuali consentono di neutralizzare i carri armati con meno difficoltà ed esponendosi meno che negli anni della guerra fredda o del conflitto ceceno, quando molti carri russi vennero distrutti con semplici lanciagranate. Inoltre abbiamo visto che il loro enorme consumo di carburante può risultare insostenibile su distanze di centinaia di chilometri. In alcuni teatri operativi sono ancora molto efficienti, anche se le forze armate di diversi Paesi stanno orientandosi a ridurre la spesa in quel campo per investire su missili e Uav; in altri, come almeno in questa fase dell'invasione dell'Ucraina, ho l'impressione che servano più a mostrare forza, cercando di incutere timore nelle terre invase». 

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