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Vladimir Putin, orrore comunista in Ucraina: arrivano i russi? E nella piazza centrale di Henichesk...

 Vladimir Putin

Renato Farina
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I simboli dicono più delle parole. La statua di un Lenin risorto parla molto di più dei discorsi rasserenanti del ministro degli esteri Lavrov e del portavoce Peskov. Quattro fatti dicono che cosa sta diventando questa guerra di invasione e, dall'altra parte, di resistenza. O forse lo era sin dall'inizio, coperta malamente dal simbolo sghembo e fuorviante della Z. È in realtà puro imperialismo rosso. Macché Zeta. Si tratta di Putin-Lenin, o più propriamente vista la propensione esagerata alla crudeltà, di Putin-Trotskij e di Falce e Martello. Ormai è palese di che colore è il diavolo. I primi giorni c'erano ragazzi implumi ad attraversare il confine convinti si andasse a un'esercitazione festosa su carri armati che invece erano il loro carro funebre. Si doveva chiudere allora. Quando scorre sangue, e i fiumi ne sono invasi per giorni e giorni, tutto si radicalizza e viene fuori un'autogiustificazione ideale alla crudeltà: e nella mente di chi spara dalla parte della Russia, la questione è diventata quella di sovietizzare e ri-comunistizzare l'Ucraina ribelle, altrimenti soccombiamo.

 

 

QUESTIONI IDEOLOGICHE
Dall'altra parte, quella di Kiev e di Lviv, l'identificazione Russia = Urss è diventata il carburante di un patriottismo capace di sacrifici inauditi e disposto, su invito di Zelensky, alla guerra totale, costi quel che costi. Bisognava fermarla subito questa guerra. Trattare immediatamente per il bene di tutti, o almeno il minor male. Invece - da parte di Biden e della Nato anglofila - si è puntato cinicamente alla guerra che non finisce mai pur di indebolire la Russia, certo governata da un Putin scriteriato e criminale, e impoverire l'Europa. Ma il prezzo di morti direttamente in guerra (ormai 50mila) e poi quelli che seguiranno per la crisi alimentare ed energetica, vale un ordine mondiale dove invece di tre o quattro potenze il gioco si riduce a due contendenti coi loro stupidi satelliti: Usa e Cina (mentre Ue e Russia saranno i rispettivi lacchè). Intanto anche le statue dicono che tutto si esaspera fino al diapason e tornare indietro, rappacificarsi, è ormai nelle mani solo di potenze mediatrici più forti di Mosca e Kiev: appunto Usa e Cina, o magari un Papa che come Leone Magno si ponga davanti ad Attila.

I 4 fatti di opposto segno (senza ovviamente parificarne il valore) 1. Una statua di Lenin è stata eretta a Henichesk occupata dai russi. Sette anni dopo che il consiglio comunale aveva deliberato di rimuoverla (16 luglio 2015) nel generale processo di "de-comunistizzazione" del Paese (si chiama così la legge nazionale applicata in sede locale). Hanno sbagliato, dovevano farla a pezzettini. Invece hanno ragionato un po' come i contadini armeni che, racconta Vasilij Grossman, quando le autorità comuniste nel 1960 decisero di abbattere la gigantesca statua bronzea di Stalin, proposero, visto quanto era costata, non di fracassarla ma di seppellirla: un domani, magari cambiano idea di nuovo, i capi. Henichesk si trova sul Mar d'Azov nella provincia di Kherson, appena a nord del confine con la Crimea annessa alla Russia.
Tre foto, postate su Facebook, mostrano la nuova statua di Lenin di fronte all'edificio del consiglio regionale. Una bandiera russa è visibile sul tetto dell'edificio accanto a una rossa.
2. Un tweet ucraino lancia un avvertimento in inglese: «Soldati russi issano una bandiera sovietica nella città occupata di Kherson. La gente in Occidente sta vedendo cosa sta facendo la Russia? Non si tratta della Nato odi Donbass e Luhansk. Vogliono tutto».
Yuri Sobolevsky, deputato locale, ha scritto in un post su Facebook. «Bandiere rosse, monumenti dell'era sovietica.
Gli orchi nella regione di Kherson continuano i loro esperimenti nel tornare indietro nel tempo». È una decisione strategica, con ogni evidenza, quella di sovietizzare, come l'aquila romana in Gallia.
3. La risposta ucraina. A Kharkiv, la statua del generale Georgy Konstantinovich Zhukov, capo di stato maggiore dell'esercito sovietico di Stalin durante la seconda guerra mondiale, è stata abbattuta domenica dai soldati ucraini.
Un video sta circolando sui social network mostrando che viene sbullonata e portata via da un camioncino.
4. A Lviv, un memoriale ai militari russi uccisi nelle due guerre mondiali è stato spogliato della stella rossa e della falce e martello simbolo del comunismo.

 

 

FENOMENI VECCHI
A proposito di Lviv, attingiamo agli studi di Alexandra Goujon, docente all'Università di Borgogna e autrice di L'Ukraine de l'Indépendance à la guerre. Ha spiegato: «Il fenomeno della de-sovietizzazione non è nuovo: è iniziato con l'indipendenza dell'Ucraina e anche un po' prima. La statua di Lenin è stata fatta sparire a Lviv nel 1990. Un vero e proprio movimento di "Leninopad", la rimozione o la distruzione dei monumenti dedicati a Lenin, si è sviluppato dapprima nell'ovest del Paese prima di diffondersi nelle regioni centrali, in particolare all'epoca della rivoluzione arancione (2004). Durante la rivoluzione di Maidan nel 2013-2014 e subito dopo, il fenomeno è continuato nelle regioni meridionali e orientali. In tutto, quasi 5.500 statue sono state abbattute in tutto il paese. L'obiettivo è anche quello di ribattezzare città, villaggi e nomi di strade che si riferiscono a dignitari comunisti» (Le Figaro). La tragedia della guerra è che ormai gli ucraini non distinguono più tra russo e sovietico, torna la memoria della collettivizzazione forzata e della carestia pianificata da Stalin nella fertilissima Ucraina condannando alla morte per fame 4 milioni di contadini con i loro familiari. Donne impazzirono dopo essersi nutrite dei piccini morti. Sono gli stessi russi di allora. A sua voltai russi si sono arciconvinti di combattere un popolo non più fratello ma ormai corrotto dal nazismo, e che solo la falce e il martello può purificare.

MARCHI DI FABBRICA
Ricordate? La guerra in Ucraina scatenata dalla Russia ha per simbolo la Z. Ma è un marchio sghembo, persino fuorviante. Il propellente che muove le truppe di Putin alla conquista di territori qualificati come nazisti è la memoria dell'Unione Sovietica, della sua perduta grandezza, il bisogno di rivitalizzare l'antico impero, ricostruendo a furor di missili il mosaico demolito da Gorbaciov e dai movimenti di rinascita nazionale dei popoli che hanno tagliato i reticolati dei gulag riscoprendo la loro unicità. In questo quadro di sovietizzazione dell'esercito, e della sottomissione ai metodi dei mercenari Hezbollah e della Wagner, i colpi alla nuca di resistenti e di civili ucraini sono un chiaro marchio di fabbrica. Che chiama a vendette uguali e contrarie. L'imperativo è fermare le stragi. Poi abbatteremo le statue dei tiranni.

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