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Cina, Xi Jinping, il trucco con cui sta fregando l'Europa: quei contratti per rubarci anima e potere

Xi Jinping

Nico Varasi
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Xi Jinping sta costruendo l'esercito più forte del mondo e l'Europa lo sta aiutando. Missili, armi nucleari, intelligenza artificiale, il presidente cinese ha ordinato alle forze armate del suo Paese di modernizzarsi entro il 2035 e di diventare una «potenza mondiale in grado di vincere le guerre», leggi quindi la più forte del pianeta, entro il 2049. Proprio quando noi occidentali dovremmo, forse, annunciare di aver salvato il pianeta dal riscaldamento globale, la Cina potrebbe minacciarlo con la sua potentissima armata supertecnologica. Ufficialmente Pechino ha da poco annunciato un budget perla difesa nel 2022 di 229 miliardi di dollari, con un aumento del 7,1% rispetto all'anno scorso.

Si tratta di dati ufficiali, che comunque fanno della Cina di gran lunga il secondo Paese al mondo per spese militari dietro agli Usa (778 miliardi di dollari nel 2021) e davanti all'India e alla Russia. Quelli reali stimati dall'Occidente sfiorano già i 300 miliardi di dollari, senza considerare che gli investimenti in ambito civile spesso debordano in quello militare rendendo quasi impossibile distinguere gli uni dagli altri.

 


 

LA RICERCA - È proprio in questa zona grigia che secondo una ricerca di sette testate giornalistiche europee col supporto della piattaforma investigativa olandese Follow the Money e del centro di ricerca tedesco Correctiv, le collaborazioni tra le università europee e gli istituti militari cinesi stanno fornendo un supporto probabilmente decisivo alla crescita tecnologica delle forze armate di Pechino. La ricerca ha stabilito che su un totale di oltre 350.000 studi scientifici dagli anni 2000 al 2022, in almeno 3mila casi i ricercatori europei hanno collaborato direttamente con colleghi di università militari per progetti non ufficialmente finalizzati a scopi bellici. Nella maggioranza dei casi tali collaborazioni riguardano la National University of Defense Technology (NUDT), università pubblica nazionale di ricerca a Changsha nello Hunan che fa riferimento diretto alla Commissione militare centrale, ma anche l'Università di ingegneria dell'Esercito popolare di liberazione e la China Academy of Engineering Physics (CAEP).

Quest' ultimo è l'unico centro di ricerca e produzione cinese di testate nucleari, ambito in cui Xi sta segretamente puntando buona parte dei suoi sforzi per potenziare le capacità militari del suo Paese. Secondo il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti Pechino vuole quadruplicare le sue scorte nucleari a breve termine, arrivando a un arsenale di 700 testate entro il 2027 e mille entro il 2030. Il direttore generale del dipartimento per il controllo delle armi del ministero degli Esteri cinese, Fu Cong, ha recentemente liquidato come false tali previsioni ma ha anche aggiunto che il suo Paese «continuerà a modernizzare il proprio arsenale nucleare per questioni di affidabilità e sicurezza».

 

 

Un altro settore in cui Pechino sta spendendo molto è quello dei missili ipersonici che vanno a bersaglio a una velocità 5 volte superiore a quella del suono e sono molto difficili da rilevare in volo. Due test in proposito sono stati effettuati la scorsa estate, suscitando la preoccupazione di Washington.
Anche in quel caso il ministero degli Esteri cinese aveva cercato di nascondere la realtà sottolineando che i test riguardavano «una navicella spaziale» e sarebbero serviti a verificarne la possibilità di riutilizzo. Spiegazioni che non hanno, a quanto pare, rassicurato l'intelligence Usa. Proprio il NUDT, che abbiamo già citato sopra, è particolarmente rinomato per le sue ricerche in tecnologia aerospaziale. Con il NUDT la Gran Bretagna ha collaborato per almeno 1060 progetti, l'Olanda 260, la Germania 233 e l'Italia 92. Sia il NUDT che il CAEP sono in una lista di sanzioni americane, sono cioè istituti soggetti a condizioni rigorose in termini di collaborazione. In Europa tali limitazioni e controlli non esistono.

IL SORPASSO - La Cina ha già superato gli Stati Uniti con la sua flotta navale, triplicata in 20 anni, che attualmente conta circa 400 unità contro le 355 di Washington. Ma in questo caso si tratta di numeri ingannevoli visto che comunque gli Stati Uniti mantengono un forte vantaggio in termini di potenza e qualità, basti citare le 11 avanzatissime portaerei Usa contro le due riciclate cinesi, ma è nel campo dell'intelligenza artificiale che l'America sta pericolosamente segnando il passo. Lo scorso anno il capo del software del Pentagono Nicolas Chaillan ha rassegnato le dimissioni per protesta contro il lento ritmo della trasformazione tecnologica nell'esercito americano e perché non sopportava di vedere la Cina superare l'America. «La Cina ha vinto la battaglia dell'intelligenza artificiale con gli Stati Uniti» disse, «non abbiamo alcuna possibilità di combattere contro la Cina tra 15 e 20 anni. In questo momento, è già un affare fatto; secondo me è già finito». Con tanti ringraziamenti all'Europa.

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