E l'Urss creò il suo regno sull'Europa dell'Est

Settanta anni fa, il 14 maggio 1955, veniva sottoscritto il Patto di Varsavia che Mosca aveva imposto agli Stati a regime comunista, occupati militarmente o manipolati istituzionalmente
di Marco Patricellimercoledì 14 maggio 2025
E l'Urss creò il suo regno sull'Europa dell'Est
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A parole era un’Unione di «Stati pacifici» che decidevano liberamente di stipulare un “Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza” «per il mantenimento della pace in Europa». Ma come l’Unione Sovietica intendesse davvero unire i popoli e perseguire la pace e la concordia, l’ha insegnato la storia. Settanta anni fa, il 14 maggio 1955, veniva sottoscritto il Patto di Varsavia tra Urss, Polonia, Bulgaria, Cecoslovacchia, Romania, Repubblica democratica tedesca, Ungheria e Albania, che Mosca aveva imposto agli Stati a regime comunista, occupati militarmente o manipolati istituzionalmente.

Il Cremlino intendeva così rispondere al mondo libero che aveva costituito un’alleanza difensiva, la Nato, temendo che l’Armata Rossa tracimasse in Europa. Nel sistema di alleanze doveva trovare necessariamente posto la Germania occidentale sotto occupazione anglo-franco-americana, e in questo disegno andava superato il veto del disarmo imposto dopo la sconfitta del Terzo Reich. Il Cremlino aveva tentato in ogni modo di svuotare di significato il trattato istitutivo di Washington del 1949, arrivando a proporre un sistema di sicurezza collettivo di cui l’Urss voleva far parte, proponendo addirittura di entrare nella Nato. Offerte strumentali e irrealizzabili, come la pretesa del ritiro di tutte le forze d’occupazione da una Germania neutralizzata, che però l’Armata Rossa avrebbe potuto occupare facilmente una volta non presidiata.

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L’annuncio del nuovo corso tedesco, per di più nel decennale esatto della resa nella seconda guerra mondiale (9 maggio 1945), cinque giorni dopo fece rompere gli indugi all’Urss. All’alleanza difensiva occidentale veniva contrapposta un’altra alleanza difensiva tra i Paesi del blocco comunista che consentiva a Mosca il pieno controllo militare e politico sull’Europa centro-orientale. Nel Patto di Varsavia si parlava di «sistema di sicurezza collettiva fondato sulla partecipazione di tutti gli Stati europei qualunque sia il loro regime sociale e politico». I legami tra gli otto aderenti, che si impegnavano alla mutua difesa in caso di attacco, erano a parole retti dal principio di non-intervento negli affari interni e del rispetto della sovranità nazionale e dell’indipendenza politica, a parità di ruolo. Ipocrisia pura. Mosca decideva per tutti e interveniva su tutto, e l’alleanza paritetica era un simulacro: il comando in capo e lo stato maggiore erano espressi dall’Armata Rossa e la sostanza dei trattati di mutua assistenza si risolveva nella potestà incondizionata del Cremlino di intervenire ovunque ritenesse opportuno per tutelare i propri interessi.

E infatti appena l’Ungheria di Imre Nagy nel 1956 tentò di scrollarsi di dosso la tutela sovietica, il Patto di Varsavia scattò implacabilmente con l’invasione dell’Ungheria e la normalizzazione forzata. L’esperienza verrà replicata nell’agosto del 1968 contro la Cecoslovacchia e il vento di libertà della primavera di Praga venne soffocato e represso nel sangue. La Romania stavolta non era intervenuta e l’Albania guardava alla Cina piuttosto che alla Russia già dal 1961. Per il resto il Patto di Varsavia, oltre a giustificare lo stazionamento in forze dell’Armata Rossa e il controllo militare di mezza Europa con il posizionamento di ingenti truppe corazzate e basi aeree e missilistiche, non avrà mai occasione di dimostrare né quello che era né quello che diceva di essere. Negli Anni ’80 si aprirono a ripetizione le crepe nel sistema comunista e tutta la costruzione ideologica crollò dopo la caduta del muro di Berlino. Il Patto di Varsavia si sciolse formalmente nel 1991, anticipando di pochi mesi la disgregazione dell’Urss.

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