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Gruppo Wagner, una bomba nel Mediterraneo: l'allarme degli 007 italiani

Fausto Carioti
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Dopo la rottura tra Vladimir Putin e Yevgeny Prigozhin, una delle prime preoccupazioni delle istituzioni italiane, servizi segreti inclusi, è cosa faranno adesso gli uomini della Wagner in Africa. La sfida posta da quell’esercito di mercenari è duplice. Riguarda innanzitutto il traffico di esseri umani lungo la rotta del Mediterraneo centrale: un business che prospera nell’instabilità politica (e i miliziani della Wagner sono un fattore di destabilizzazione nel Nord Africa e nel Sahel, come Giorgia Meloni ha spiegato più volte nei vertici internazionali) e ha contraccolpi politici diretti su Roma. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, si è detto convinto che la compagnia stia conducendo «una strategia chiara di guerra ibrida» ai danni dell’Italia, che si concretizza proprio nel favorire l’«aumento esponenziale del fenomeno migratorio» verso le nostre coste.

Ad un livello meno immediato, la sfida riguarda anche il “Piano Mattei”, il disegno geopolitico della Meloni per adottare, come dice lei, «un modello di collaborazione tra Unione europea e nazioni africane che non abbia una postura predatoria, ma collaborativa». Una strategia che per svilupparsi ha bisogno di interlocutori politicamente stabili e non soggetti all’influenza di Russia e Cina. E dal cui risultato dipende, ovviamente, anche la difesa degli interessi italiani nei confronti dei giacimenti di idrocarburi della Libia e di altri Stati dell’area.

 

Normale, quindi, che l’interesse dei nostri apparati di sicurezza nei confronti della Wagner sia cresciuto di molte tacche, anche in seguito al cambio della guardia a Palazzo Chigi. Nella relazione annuale che i servizi hanno presentato al parlamento nel 2021, la Wagner era citata una sola volta; in quella successiva, presentata quattro mesi fa, è fotografata la presenza della compagnia militare privata di Prigozhin in ogni angolo del mondo, che in Africa coincide con la mappa dell’espansione politica e militare russa. Dunque in Libia dal 2019, al fianco del generale Khalifa Haftar; nel Mali dal 2021, a sostegno del regime del colonnello golpista Assimi Goita; nel Sudan nel 2019; nella Repubblica Centrafricana dal 2018; in Mozambico nel 2019. Oltre che, ovviamente, nella vicina Siria, dove la Wagner opera dal 2015.

SPIETATI E BENE ARMATI
Sulla carta, il numero degli uomini impiegati da Prigozhin in Africa è relativamente piccolo: gli osservatori stimano la loro presenza nel continente in circa cinquemila unità. La differenza la fanno efficacia e spietatezza: sono tutti veterani, alcuni ex galeotti o ex soldati russi, molto bene armati, bene inquadrati e pure ben nutriti: come ha spiegato ieri alla Cnn l’analista militare statunitense Mike Lyons, ex maggiore dell’esercito, l’alimentazione dei mercenari della Wagner è migliore di quella dei soldati regolari russi, e pure questo rende difficile una loro assimilazione nelle truppe di Mosca. Non si fanno problemi a violare le leggidi guerra, usando mine e trappole esplosive che uccidono anche i civili.

Tra i mille e i duemila di loro, secondo uno studio appena pubblicato per il ministero degli Esteri, operano nella regione centro-orientale della Libia: di tutte le zone in cui è presente la Wagner, questa è quella più importante per gli interessi italiani. «Potrebbero avere il ruolo di agenti di “destabilizzazione”, o meglio, potrebbero non aver alcun interesse a ostacolare oggi un possibile nuovo processo di industrializzazione dei traffici, contando sia sulla presenza in Cirenaica, sia su quella in alcuni Paesi del Sahel, area di transito dall’Africa Occidentale verso il “corridoio” tunisino attuale», spiega il paper.

 

«SPINA NEL FIANCO DELLA NATO»
La compagnia di mercenari, si legge ancora, «è ritenuta una vera e propria spina nel fianco sud della Nato». In particolare, «la diffusione dei private military contractors della Wagner dalla Libia all’intero arco del Sahel (con una concentrazione maggiore nelle aree di crisi del Mali e del Sudan) crea naturalmente l’impressione nei decisori politici occidentali dell’esistenza di una manovra a tenaglia che, a partire dalla direttrice est e dal Nord Africa, tende a ridurre e neutralizzare sostanzialmente ogni residuo di influenza occidentale». Una presenza che minaccia l’Italia e l’Alleanza atlantica e condizionale scelte dei governi.

Cosa desideri quello di Roma, lo ha spiegato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «I mercenari di Prigozhin in Africa svolgono attività contrarie all’interesse nazionale italiano ed europeo, ed ovviamente ci auguriamo che in queste zone la Wagner diventi il meno influente possibile». Analisti africani, però, sottolineano che esiste anche un rischio opposto: ad esempio che in Mali, dove la Wagner si oppone alle milizie affiliate all’Isis e ad Al Qaeda, queste prendano il sopravvento se gli uomini di Prigozhin si ritirano.

Al momento, le voci sulla smobilitazione della compagnia dall’Africa non hanno trovato conferme. Potrebbe restare lì, cambiando semplicemente padrone. È possibile anche che l’accordo segreto tra Putin e Prigozhin, mediato dal bielorusso Alexandr Lukashenko, preveda che la Wagner continui a “lavorare” in Africa come ha fatto sinora. E magari che lo stesso Prigozhin si trasferisca lì con la garanzia dell’incolumità, come sostiene Mikhail Khodorkovsky, oligarca russo e oppositore di Putin. In questa partita l’Italia, al pari dei suoi alleati, oggipuò svolgere solo il ruolo di spettatrice. Anche se in Libia e negli altri Stati africani in cui opera la Wagner è in gioco una parte importante del suo futuro.

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