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Cina, i Paesi islamici alla corte del Dragone: l'ultima minaccia

Mirko Molteni
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Per fermare le operazioni israeliane nella Striscia di Gaza, i Paesi arabi puntano sulla Cina, affinché, come sfidante degli Stati Uniti, faccia pressioni sullo Stato ebraico. I ministri degli Esteri di quattro Paesi islamici compiranno oggi e domani una missione a Pechino, proseguendo poi per altri Paesi. Ad annunciarlo, ieri, il ministro degli Esteri dell'Arabia Saudita, principe Faisal Bin Farhan Al Saud, che ne sarà capofila: «La prima tappa sarà in Cina, poi ci sposteremo in altre capitali per chiedere un cessate il fuoco e via libera agli aiuti«.

Oltre al saudita Bin Fahran, gli altri ministri sono, per l’ANP palestinese Riad al Maliki, per l’Egitto Sameh Shoukri, per la Giordania Ayman Safadi e per l’Indonesia, che non è un paese arabo ma è il più popoloso Stato islamico del mondo, con 275 milioni di abitanti, Retno Marsudi. Ci sarà anche il ciadiano Hissein Brahim Taha, segretario dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica. Tutti alla corte di Pechino, dove incontreranno il ministro degli Esteri Wang Yi e forse anche il presidente Xi Jinping, secondo la portavoce Mao Ning «per promuovere una de-escalation del conflitto israelo-palestinese, proteggere i civili e trovare una soluzione giusta alla questione palestinese». I cinesi ne approfittano per espandere la loro influenza su una fetta di mondo che diffida degli USA. La Cina già ha fatto breccia nel mondo islamico quando, in marzo, ha mediato per lo storico disgelo fra Arabia Saudita e Iran.

 


Intanto il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian ha parlato ieri col collega russo Sergei Lavrov, concordando la comune richiesta del cessate il fuoco a Gaza. Del resto la Russia s’è avvicinata ancor di più all’Iran, comprandone i droni usati nella guerra in Ucraina. Sul campo, la trattativa sul rilascio degli ostaggi da parte di Hamas non è ancora conclusa. Israele ha inviato per la prima volta dall'inizio della guerra uno dei battaglioni di ricerca e salvataggio del Comando Fronte Interno, composto da soldati e soldatesse, per occuparsi della ricerca di armi nei bunker e anche di «salvataggio e assistenza in caso di crollo di una struttura». Tali specialisti comprendono ingegneri militari che danno consulenza alle truppe sui rischi di entrare in edifici o gallerie. Da Israele, nessun segno di voler interrompere la campagna, tanto che ieri il capo di stato maggiore, generale Herzi Halevi, parlando alla sede del comando Sud dell’esercito a Beersheba, ha approvato i piani per la prosecuzione della penetrazione terrestre, che potrebbe comprendere anche la parte meridionale della Striscia. Ciò allarma Egitto e Giordania per il timore di un'ondata di profughi. E il re giordano Abdallah II, parlando ieri con la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, ha invocato «il cessate il fuoco per non far esplodere la regione».

 

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