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Trump ha schivato il proiettile e si è salvato la vita grazie ai clandestini: ecco come e perché

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Maurizio Stefanini
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Considerato difensore delle armi e nemico dei clandestini, Donad Trump stava per essere ucciso con un Ar-15, arma iconica appunto per i sostenitori di quel Secondo Emendamento della Costituzione Usa che fa del possesso di pistole e fucili un diritto; e però è stato salvato appunto, indirettamente, dai migranti illegali. Bizzarra nemesi e contro-nemesi, che è lo stesso ex-presidente ad accreditare, almeno secondo quanto testimonia il suo ex-medico alla Casa Bianca Romy Jackson.

Durante il comizio, Trump aveva infatti di fronte a sé un grafico con una mappa della Pattuglia di Frontiera sula migrazione illegale. E ogni tanto rivolgeva la testa verso di esso, per citarlo. Appunto, si era di nuovo appena voltato quando è arrivata la pallottola, che così lo ha preso solo sulla parte alta dell’orecchio destro. In caso contrario «sarei stato colpito in pieno capo», ha appunto detto a Jackson. «Quel grafico che stavo esaminando mi ha salvato la vita», gli ha detto al telefono poco ore dopo la sparatoria. Il dottor Jackson è poi volato nella notte nel New Jersey dal Texas per visitare il suo ex-paziente, che si stava riprendendo nel suo club privato a Bedminster. Ha riferito che gli sembrava «determinato» e «non minimamente agitato».

 

 

 

Il gioco è però complesso perché con la fortuna di voltarsi al momento dello sparo Trump ha solo annullato la fortuna che aveva avuto Thomas Matthew Crooks nel raggiungerlo con una pallottola. Le indagini hanno infatti rivelato come Crooks fosse un pessimo tiratore senza addestramento, e oltretutto dalle immagini apparse subito dopo l’attentato l’arma sembra che fosse sprovvista di cannocchiale, e che sia stata quindi impiegata con le sole mire metalliche. Considerando in più la concitazione del momento e il fatto che il bersaglio si muoveva, Crooks è stato fin troppo preciso. L’idea aggiutiva che è circolata, e secondo cui avesse mirato apposta all’orecchio perchè d’accordo con Trump per pompare una candidatura che è già in vantaggio, appare dunque pura fantascienza.

Un’altra ipotesi complottistica che è circolata e che risente di varie teorie sull’omicidio di John Fitzgerald Kennedy si basa sul dato che è stata più di un’arma a sparare, come attesta l’analisi forense svolta da esperti del National Center for Media Forensics dell’Università del Colorado a Denver. Secondo quanto riporta la Cnn, Catalin Grigoras e Cole Whitecotton dicono che colpi sarebbero partiti da tre diverse armi.

 

 

 

Le analisi rivelano che i primi tre colpi potrebbero essere compatibili con una presunta arma A, i successivi cinque con una presunta arma B, e l’ultimo “impulso acustico” con una possibile arma C. Robert Maher, esperto forense, ha confermato attraverso le analisi audio che l’aggressore si trovava a una distanza di 120-150 metri dal podioi. Una delle misure di sicurezza cui ricorre il Secret Se, , è notoriamente quello di attorniare i luoghi da proteggere di cecchini, incaricati di intervenire subito contro gli eventuali attentatori. Subito dopo i colpi partiti dal fucile di Crooks, infatti, hanno sparato al 20enne, uccidendolo. I colpi delle analisi forensi quindi si riferirebbero al fuoco di reazione degli addetti alla sicurezza, sotto accusa per l’intervento tardivo. 

 

 

 

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