Barack Obama
L’agosto scorso Barack Obama è salito sul palco del congresso dei democratici, a Chicago, per dare il suo sostegno a Kamala Harris (in ritardo, dopo Biden e dopo i Clinton): sembrava un modello di Donatello, lucido di coppale, così incipriato che potevano aver proiettato un suo spot. Dopo aver salutato gli elettori e aver regalato il suo slogan alla candidata («Yes, she can», ha detto, senza capire che il cardine di quella frase era “we”, noi, mica lui o lei), ha citato Donald Trump. Il quale, pochi giorni prima- come tutti i politici in campagna elettorale e pure dopo aveva mentito e aveva detto che i suoi comizi erano più gremiti di quelli di Martin Luther King. Obama ha commentato con una battuta che neanche il cuginetto in età prepuberale: Trump ha una strana ossessione per le dimensioni della folla, ha detto e ha accompagnato la frase con un movimento delle mani, quel sofisticatissimo gesto che si fa per indicare le misure degli uomini “là sotto”.
Eccolo qua, il genio della comunicazione e dei social (è stato il primo presidente su Twitter e su Instagram), che può permettersi di essere volgare eppure mai crasso. Come se fosse uno sketch attoriale, il frammento del discorso di Obama è stato condiviso ovunque e tutti giù a ridere, non un giornalista della stampa salottiera che si sia domandato: ma se l’avesse fatto Trump (che di Obama è la doratissima evoluzione)? Arriviamo a oggi: Trump se la prende con l’alleanza tra il mondo accademico e i media progressisti (cosiddetti “mainstream”), dice che sono «nemici del popolo», consente solo a un pool di giornalisti selezionati di seguirlo degli spazi più esclusivi, dallo Studio Ovale all’Air Force One, firma un ordine per smantellare la radio Voice of America, finanziata a livello federale, perché, dice, riporta soltanto opinioni «radicali».
Mentre i nostri quotidiani titolano «Il randello di Trump contro i media», qualcuno si ricorda di come stavano i media durante l’era Obama? Il giornalista Leonard Downie, che fece parte della squadra che indagava sul Watergate, scriveva che gli sforzi della presidenza per controllare l’informazione erano i più aggressivi e maniacali dai tempi di Nixon. Jill Abramson, prima donna a dirigere il New York Times, diceva: «Gli anni di Obama sono un punto di riferimento per un nuovo livello di segretezza e controllo». In un libro del 2019, Abramson prese le distanze dalla radicalizzazione di alcune testate giornalistiche (Nyt su tutte), perché avevano abbandonato l’obiettività schierandosi contro Trump, al solo scopo di ottenere più lettori (è “Mercanti di verità. Il business delle notizie e la grande guerra dell’informazione”, edito da Sellerio). Sempre nel 2019, l’emittente canadese Cbc sottolineava che Trump abbaiava ma non mordeva, al contrario del suo predecessore: «Il dipartimento di giustizia di Obama ha intercettato i telefoni dei giornalisti, li ha trascinati in tribunale e ha intentato cause contro i responsabili delle fughe di notizie tre volte di più rispetto a tutte le precedenti amministrazioni messe insieme». Anche attraverso l’Espionage Act del 1917, una legge approvata durante la Prima Guerra Mondiale per impedire lo spionaggio a favore di nemici stranieri (basti ricordare il caso di James Risen, reporter del Nyt che si fece sette anni in tribunale per non aver voluto rivelare il nome delle sue fonti).
Obama, infine, parlava pochissimo con i giornalisti (ridusse gli scambi informali con la stampa di un quarto rispetto a Bill Clinton e di un terzo rispetto a George W. Bush) e faceva palesi favoritismi verso alcune testate. I media dem, forti della convinzione che la “disinformazione” spinga il pubblico a eleggere politici di destra, come se la caveranno adesso che sappiamo che hanno nascosto per almeno due anni le reali condizioni di salute di Joe Biden (quello che, in caso di necessità, avrebbe dovuto digitare i codici di lancio della bomba)? Per fare un giornalismo che «onori l’intelligenza dei lettori», diceva Abramson, basterebbe ammettere di far parte di una tifoseria. Come Trump che dà dell’idiota a un cronista di Nbc dicendoglielo in faccia e non come Biden che disse «stupido figlio di puttana» a un giornalista di Fox News davanti a quello che pensava essere un microfono spento.