È un arresto ancora avvolto nel mistero quello avvenuto ieri a Misano Adriatico, in provincia di Rimini, per ordine della procura federale tedesca ai danni di un cittadino ucraino di nome Serhii K. sospettato di aver fatto parte del commando che quasi tre anni fa ha fatto esplodere i gasdotti Nord Stream nel mare del nord. L’uomo, che si trovava in vacanza con la famiglia, non era noto alle forze dell’ordine italiane che si sono limitate a eseguire il mandato d’arresto in attesa della sua prossima estradizione. Secondo il Wall Street Journal si tratterebbe di un capitano in pensione delle Forze armate ucraine e avrebbe prestato servizio nei Servizi di sicurezza dell’Ucraina (Sbu).
Il sabotaggio si inquadra ovviamente nella guerra tra Russia e Ucraina e ha tuttora molti elementi oscuri, a cominciare dai reali mandanti dell’operazione. Inizialmente era stata accusata la Russia anche se apparve subito evidente di come essa stessa fosse potenzialmente una delle parti danneggiate. Si parlò di navi russe segnalate i giorni precedenti nei paraggi, perfino di passaggi di sottomarini. L’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Unione europea dell’epoca Josep Borrell parlò esplicitamente di «atto deliberato», in Germania si fece riferimento alla guerra ibrida di Mosca, mentre la Von der Leyen promise lapidaria «una risposta più forte possibile».
D’altro canto però il Cremlino puntava il dito contro l’America di Biden. La portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova sottolineò come l’incidente fosse avvenuto in un’area «completamente controllata dalle agenzie di intelligence americane», mentre il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov lo definì «un atto di terrorismo, forse a livello statale». Perfino il giornalista vincitore del premio Pulitzer Seymour Hersh pubblicò un articolo in cui sosteneva che l’attacco era stato ordinato dalla Casa Bianca e portato a termine utilizzando risorse statunitensi e norvegesi. Il solito teatrino di accuse reciproche sparate più o meno a caso che si spense gradualmente e venne riacceso l’anno successivo quando il Washington Post, lo Spiegel e poi anche il Wall Street Journal pubblicarono i primi resoconti delle indagini della squadra investigativa tedesca dal quale emergevano le responsabilità ucraine di alto livello che Kiev ha prontamente negato. Nel 2024 sono partiti i primi mandati d’arresto che hanno creato non pochi grattacapi e perfino scontri tra alleati, in particolare tra la Germania e la Polonia accusata di aver agevolato la fuga di uno dei sabotatori ucraini. Secondo la procura berlinese gli autori del sabotaggio sarebbero sei uomini addestrati in Polonia che si sono avvicinati ai gasdotti a bordo dello yacht a vela chiamato Andromeda preso a noleggio con documenti di identità falsi.
Dell’equipaggio avrebbe fatto parte l’ucraino Volodymyr Z., istruttore di sub il cui ultimo domicilio noto era in una casa vicino a Varsavia. È ai danni di quest’ultimo che era stato spiccato il primo mandato d’arresto, ma secondo i tedeschi le autorità polacche ne avrebbero agevolato la sua fuga. «Il governo polacco lo ha lasciato andare per coprire il suo coinvolgimento negli attacchi dell’oleodotto», dichiarò August Hanning, ex direttore dei servizi di intelligence tedeschi, in una intervista alla Welt.
La procura tedesca accusò la Polonia anche di non aver voluto consegnare delle registrazioni video della marina di Kolobrzeg che proverebbero il coinvolgimento di Varsavia che avrebbe fornito supporto logistico per l’operazione subacquea, proprio nella stessa località balneare di Kolobrzeg. È andato invece liscio l’arresto di Serhii K, che secondo i procuratori tedeschi avrebbe avuto il compito di coordinare le operazioni subacquee di sabotaggio con il posizionamento degli esplosivi. Non è chiaro tuttavia se anche lui si trovasse a bordo dell’Andromeda o se avesse seguito le operazioni da terra. Il ministro della Giustizia tedesco Stefanie Hubig ha ringraziato gli investigatori per quella che ha definito una «operazione molto complessa».
I media tedeschi e britannici hanno recentemente riferito che Washington e Mosca durante gli ultimi colloqui avrebbero discusso l’idea di rilanciare il Nord Stream 2, possibilmente gestito da una società americana. Ma il cancelliere Friedrich Merz ha dichiarato a maggio, poco dopo essere entrato in carica, che il suo governo avrebbe «fatto di tutto per garantire che il Nord Stream 2 non possa essere rimesso in funzione».