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Anche in Cile spira aria di grande svolta a destra

Alle presidenziali la sinistra schiera una comunista. Contro di lei quattro candidati d’opposizione
di Maurizio Stefaninisabato 15 novembre 2025
Anche in Cile spira aria di grande svolta a destra

3' di lettura

Dopo Ecuador, Argentina e Bolivia e come i sondaggi promettono alle imminenti elezioni in Honduras e Colombia, anche il Cile si appresa ad andare a destra, dopo i quattro annidi presidenza di Gabriel Boric. Un presidente giovane venuto dalla protesta studentesca e che è riuscito a prendere ad esempio sul Venezuela e sull’Ucraina posizioni abbastanza più oggettive che nella media della sinistra radicale mondiale, ma che comunque termina con un indice di gradimento di appena il 36%. Tendenza regionale a parte, c’è malcontento su temi come delinquenza e immigrazione e, oltretutto, le primarie del centro-sinistra hanno selezionato come candidata la ex-ministro del Lavoro Jeannette Jara: che avrà sì una buona immagine di efficienza, ma resta comunque una esponente del Partito Comunista. E hai voglia, per rassicurare i moderati, a dire in campagna elettorale che «era comunista anche Raffaella Carrà»! Cantante e soubrette che fu popolarissima in Cile, come in tutto il mondo ispanofono... Va detto che evita anche di presentarsi come continuatrice di Boric.

Sottolinea il suo ruolo in una riforma delle pensioni che è stata molto apprezzata, e insiste che lei è bravissima a dialogare con chiunque. Più di un terzo del voto la povera Jeannette non sembra schiodare. Se arriverà al ballottaggio del 14 dicembre è perché, paradossalmente, la spinta a destra è stata tanto forte che ha prodotto ben quattro candidati. Evelyn Matthei, anche lui ex-ministro del Lavoro: è figlia di un generale che fu comandante dell’Aeronautica e membro della giunta militare di Pinochet, ma è esponente di una destra tradizionale che è andata al potere due volte col defunto Sebastián Piñera: facoltoso imprenditore - una sorta di Berlusconi cileno che aveva votato contro Pinochet al referendum del 1988, ed era poi riuscito a mettere assieme ex seguaci ed ex nemici del dittatore. José Antonio Kast: leader di un Partito Repubblicano che è uscito dalla destra tradizionale, e che alle ultime presidenziali arrivò al ballottaggio venendo comparato a Bolsonaro. Johannes Kaiser: fondatore di un Partito Nazional Libertario che invece guarda a Milei. Franco Parisi: fondatore di un Partito della Gente che a un italiano potrebbe evocare il grillismo (una delle sue proposte più spettacolari è quella di rinchiudere i carcerati in navi prigione).

Lui peraltro è di origine italiana, mentre gli altri tre candidati della destra hanno tutti radici tedesche. Curiosamente. Mentre Kast è figlio di un ufficiale della Wehrmacht che aveva combattuto sulla Linea Gotica ed era scappato dalla prigionia Usa, Kaiser che è più a destra di lui ha avuto invece un nonno scappato dal Terzo Reich perché socialdemocratico. La Matthei è pure di padre e marito luterani, anche se lei è cattolica, mentre Kast è cattolico praticante, Kaiser ortodosso e la Jara «credente senza Chiesa». La Matthei è anche diplomata pianista al conservatorio e ha terminato la campagna elettorale con un rap in cui ha detto di essere diversa sia dalla Jara che da Kast, puntando al voto di centro. Kaiser invece ha concluso la campagna con la musica degli Ac/Dc; critica la promessa di Kast di tagliare 6 miliardi di dollari di spesa pubblica subito promettendo che lui ne taglierà 18 «il prima possibile»; è anche l’unico a citare Pinochet, dicendo che una comunista al potere potrebbe legittimare un nuovo golpe; e chiede la pena di morte.

Secondo nella maggior parte dei sondaggi, Kast nel 2017 disse che «se Pinochet fosse vivo voterebbe per me», ma punta ormai anche lui su una immagine più moderata, dopo che quattro anni fa fece la figura da gentiluomo di andare al comando elettorale di Boric a congratularsi per la sua vittoria. In questa campagna ha evitato temi su cui in passato insisteva molto come aborto, eutanasia, matrimonio egualitario e identità di genere per concentrarsi su sicurezza, immigrazione ed economia. Ispirandosi chiaramente a Trump, promette di «chiudere le frontiere» e di «esigere che queste 300.000 persone che sono entrate in maniera irregolare lascino la nostra patria». Solo due sondaggi indicano la possibilità di un secondo posto per Kaiser, ma uno testa a testa con Kast e l’altro con la Matthei. Al ballottaggio la Jara perderebbe però sicuramente sia con Kast che con la Matthei, mentre con Kaiser e Parisi sarebbe un testa a testa. Ma va ricordato che gli ultimi sondaggi nelle elezioni latino-americane (vedi Milei) hanno fallito in modo clamoroso.