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Parlamento europeo, molestie e abusi: il report fa esplodere lo scandalo

Carlo Nicolato
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Per quanto poco possa politicamente contare rispetto a Commissione e Consiglio, il Parlamento Europeo almeno un ruolo superiore lo ha sempre avuto, quello di vetrina delle istituzioni comunitarie. Lo visitano ogni giorno scolaresche di tutta Europa alle quali viene presentato come indiscusso cardine della democrazia e dei principi dell’Unione, eppure chi ci lavora o ha avuto l’avventura di lavorarci sa benissimo che al di là delle etichette la realtà è ben diversa: per usare una banale formula ma in questo caso più azzeccata che mai, in quello sfavillante palazzo di Place du Luxembourg, o di rue Wiertz per essere più precisi, non è tutto oro ciò che luccica.

Un quadro di insieme ben poco edificante ce lo fornisce un sondaggio condotto lo scorso anno e pubblicato in questi giorni dall’associazione interna MeTooEP secondo cui il 42% degli attuali dipendenti del Parlamento Europeo avrebbe in questi anni subito molestie di vario tipo, da quelle verbali e psicologiche, a quelle sessuali e addirittura fisiche. Si tratta di 550 dipendenti su un totale di 1135 intervistati anonimamente.

La metà di loro, esattamente il 49,6% ha dichiarato di aver subito molestie psicologiche sul lavoro, il 15,5% di averne subite di sessuali e l'8,1% fisiche. Il 42,4% degli intervistati ha poi dichiarato di aver assistito personalmente a qualche forma di molestia ai danni di un collega.

 

 

VITTIME - Un posto di lavoro “tossico” come tanti altri, ma qui effettivamente le percentuali sono troppo alte, come ha sottolineato Vlada Polisadova, assistente parlamentare e volontaria del MeTooEP, con l’aggravante che ovviamente l’Europarlamento non è un “azienda” qualsiasi. Va precisato che l’ente in sé in realtà c’entra poco, gran parte dei dipendenti sono sì stipendiati dall’istituzione ma “dipendono” in tutto e per tutto dai singoli parlamentari peri quali lavorano. Le principali vittime di tali molestie sono infatti i cosiddetti “assistenti parlamentari”, vittime in realtà di deputati che nella maggioranza dei casi hanno ben poca dimestichezza nel dirigere un qualsiasi ufficio e tantomeno collaborare con lavoratori che in molti casi considerano semplicemente solo sottoposti da spremere.

Il problema è risaputo all’Europarlamento, tanto che da tempo sono stati istituiti corsi di formazione volontari contro le molestie e gli abusi, ma nella legislatura in corso solo 295 deputati su 705 li hanno seguiti. Denunce in questi anni ce ne sono state, ma relativamente poche rispetto a quanto rilevato da questo sondaggio: tra il 2019 e il 2021 il Parlamento ha aperto solo 34 nuovi casi di molestie sessuali o psicologiche.

I motivi per cui i dipendenti non hanno ufficialmente riportato le molestie subite confermano un clima non esattamente idilliaco e soprattutto delle logiche che nella massima istituzione democratica europea non dovrebbero proprio esistere: “Il molestatore era più potente”, “mancanza di fiducia”, “paura di ripercussioni”, “procedura di denuncia poco chiara”, queste le giustificazioni più gettonate dagli intervistati. In particolare Politico.eu aveva a suo tempo rilevato come i processi a carico dei molestatori fossero visti come scoraggianti per le vittime, sbilanciati a favore degli eurodeputati, tirati inspiegabilmente per le lunghe, e che portano alla fine solo a deboli sanzioni. Ci sono stati casi di denunce informali perse nel nulla. Qualcuno ha lamentato di non essere stato nemmeno preso sul serio, o addirittura di essere stato in qualche modo punito dal proprio superiore. Altri sono stati “trasferiti”, o addirittura è stato loro consigliato di andarsene, che quello evidentemente non era il loro posto. Insomma da qualsiasi parte la si guardi da questa indagine l’Europarlamento ne esce malissimo e così gli eurodeputati che in questi anni, nonostante le pressioni di associazioni come MeTooEP, di fronte al problema hanno promesso tanto ma fatto nulla.

 

 

Ma non è tutto. Un’altra ricerca, pubblicata giusto in questi giorni da Transparency International, movimento globale con sede in Germania la cui missione dichiarata è «porre fine all’ingiustizia della corruzione», e Follow the Money, nota piattaforma olandese di «giornalismo investigativo radicalmente indipendente», ha rilevato come 163 dei 704 deputati dell’attuale legislatura europea hanno avuto durante la loro luminosa carriera almeno un’accusa di «comportamento trasgressivo, corruzione, frode o furto», in 253 differenti incidenti.

BULLISMO - Di questi, 37 hanno fatto notizia per presunti atti di “bullismo” e per “molestie sessuali”, 23 dei quali sono stati giudicati colpevoli dai tribunali o sono stati direttamente sanzionati. Dei presunti scandali segnalati, 45 riguardano il reato di corruzione, 29 sono i casi di nepotismo e 16 quelli di presunti tangenti. Sono stati segnalati 44 casi di frode o furto, mentre altri riguardano più semplicemente l’assegnazione di lavori di “assistente parlamentare” ai membri della famiglia camuffati e finte spese di viaggio. «Sfortunatamente, manomettere indennità e spese è il passatempo preferito di molti deputati», ha affermato Nick Aiossa, direttore di Transparency International EU. Ovviamente non tutti i reati o presunti tali sono di pari gravità, si va da episodi al limite del tragicomico come quello di un eurodeputato multato per aver tentato di vendere l'iPhone smarrito in Parlamento da qualcuno, odi quello che avrebbe abusato del titolo di “professore” su una scheda elettorale, a casi più seri di gente sotto inchiesta e perfino già dietro le sbarre, come quello del greco Ioannis Lagos, condannato per associazione criminale e concorso in omicidio. Tutto questo al netto del Qatargate sul quale è già calato un pietoso, quanto provvidenziale, velo.  

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