Dopo l’Epifania il ministro vada via

Il titolare dell’Economia dice che ridurrà il fisco trovando i soldi dalle solite voci indefinibili: evasione e spending review. Tanto tra qualche mese nessuno se ne ricorderà. Il vero regalo sarebbero le sue dimissioni
di Ignazio Stagnodomenica 12 gennaio 2014
Dopo l’Epifania il ministro vada via
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C’è un settore che nessuna crisi riuscirà mai a mettere in difficoltà ed è quello delle promesse politiche. Annunciare che l’anno prossimo si farà qualcosa non costa niente. E non si rischia neppure niente, perché dopo dodici mesi la maggioranza avrà dimenticato l’impegno. Dunque, essendo gratuito, al giochetto non si sottraggono né i capi di partito né quelli di governo, ministri compresi. I quali di fronte a un microfono o a un taccuino si lasciano andare anticipando successi e miracoli quasi fossero la Befana. L’ultimo a camuffarsi da Mago Otelma e a prevedere trionfi prossimi venturi è stato manco a dirlo Fabrizio Saccomanni, il più grigio tra i responsabili dell’Economia che ci sia toccato in dono negli ultimi anni. In una lunga intervista concessa a Repubblica, il numero uno di via XX Settembre, si è lanciato, dicendo “senza esitazione” che nel 2014 le famiglie, i lavoratori e le imprese pagheranno meno tasse. Quante in meno? Tante, addirittura  9 miliardi, un calo però che dovrà essere graduale e cioè frazionato in tre anni. E dove si troveranno  i soldi che consentiranno un simile alleggerimento? Qui il ministro di fronte all’intervistatore si è fatto meno perentorio e anzi è diventato sfuggente, perché la cassa da cui attingere è il solito pozzo di San Patrizio della spending review e del recupero dell’evasione fiscale. Una volta quando un governo non sapeva come giustificare la copertura di una spesa la metteva a carico del gettito scucito dai contribuenti furbi che non pagano le tasse. Ora, alla solita solfa dei soldi dichiarati al fisco ma che il fisco recupererà presto si aggiunge la spending review, cioè i tagli agli sprechi. Peccato che l’una e l’altra entrata, quella dovuta alla riduzione dei costi della pubblica amministrazione e quella dell’evasione, siano sempre aleatorie e quasi sempre a consuntivo siano inferiori a quelle stimate. Del resto non c’è esecutivo che non dichiari guerra agli evasori e non c’è premier che nel suo discorso non citi la montagna di soldi in nero che sfuggono all’agenzia delle entrate:  150-200 miliardi secondo gli esperti. Ma a conti fatti lo stato ne accerta sì e no una decina e a volte ne recuperi anche meno, perché un conto è stabilire chi non ha pagato le tasse e un altro è riuscire a farlo pagare. Inoltre spesso quel denaro è già impegnato, perché sul recupero dell’evasione campano in tanti e sia le emergenze che gli errori previsionali vengono tamponati con i soldi extra arrivati dagli evasori. Neanche dalla famosa spending review c’è da aspettarsi molto, perché è vero che Carlo Cottarelli, il supercommissario venuto per 300 mila euro l’anno da Washington, è partito con tanto entusiasmo, ma più passa il tempo e più la sua voce si sente meno. Anzi: quando si sente non è quella che ci si aspetterebbe di sentire. L’altro giorno, per dire, sul suo blog ha scritto che spending review non vuol dire soltanto tagli della spesa, ma anche come spendere meglio. Naturalmente ha precisato che il suo obiettivo resta quello di ridurre gli sprechi e contenere il costo della pubblica amministrazione, ma il discorso è parso utile per mettere le mani avanti e far capire che non è detto che si tagli, ma si potrebbe anche ridistribuire la spesa, cioè con un saldo zero ai fini di bilancio. Per capire quanto siano poco fondate le promesse di Saccomanni a proposito delle riduzione delle tasse non c’è bisogno neppure di indagare su dove saranno reperiti i fondi necessari a finanziare lo sgravio. Basta guardare ciò che sta succedendo su Imu e Tares. Ieri il Sole 24 ore parlava di un ingorgo, spiegando che ancora non è chiaro quando e quanti dovranno mettere mano al portafogli, ma presumibile che la maggioranza degli italiani pagherà di più. Di fronte allo scenario a ostacoli – per il contribuente – che si prospetta, già un ministro dovrebbe astenersi dal fare promesse e, semmai, affrettarsi ad andarsene. Al contrario, non solo Saccomanni annuncia improbabili diminuzione delle imposte a carico di famiglie, dipendenti e imprese, ma alla domanda sul caos delle scadenze e sul nodo delle detrazioni, rispondendo al quesito su come si troverà il miliardo e trecento milioni che mancano spiega che presto (siamo al 7 gennaio, la scadenza è il 16 e ovviamente per il responsabile dell’economia non c’è fretta ), il governo interverrà sulla materia, precisando che “una valida opzione potrebbe consentire ai sindaci di aumentare l’aliquota massima”. Tradotto dal linguaggio bancario-burocratese del ministro significa che le detrazione verranno finanziate caricando le tasse sulle fasce che già le pagano. Non è tutto: come potete leggere a pagina 5, mentre annuncia che le detrazioni per ridurre le imposte si otterranno aumentando le stesse imposte su altri contribuenti, Saccomanni cambia la tassazione sull’usufrutto della casa. Come è noto, molte persone anziane per mantenere il proprio tenore di vita o per finanziare le cure, ad una certa età vendono l’abitazione conservandone l’usufrutto. Finora la tassazione calcolava l’aspettativa di vita intorno agli 85 anni.  Ora grazie alla nuova legge di stabilità il governo ha allungato la vita degli italiani a 115 anni, aumentando con il Gerovital la tassazione. Insomma, il ministro che promette di far calare le imposte, per ora le aumenta. Non ci resta che una speranza, ossia che, seppur in ritardo, l’Epifania oltre alle feste si porti via anche Saccomanni.     di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet        

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