Almeno lui lo ammette platealmente: sono venticinque anni che riesco a non lavorare. A dire il vero ci aveva provato anche Irene Grandi con una bella canzone di successo: “In vacanza da una vita”, a ironizzare sul fatto di lavorare giocando. Ma non c’è niente da fare, la battuta di un comico, nel caso specifico Dario Cassini da Napoli (classe ’67 all’anagrafe, da vendere sul palco), vale più di una canzonetta. La battuta ti resta in testa, la canzone ti gira attorno. Dettagli certo, sfumature, ma essenziali. Soprattutto per capire come mai un attore comico come Dario Cassini non sia nel novero di quei comici che sono diventati conduttori televisivi per mancanza di prove. Perché loro sì e lui no? Perché la Rai, sempre in cerca di volti a cui affidare un video, non prova a provarlo invece di pescare dal solito carrello dei bolliti? Dario è uno di quei comici che quando affronta il pubblico, stando almeno alla prova offerta all’Ombra del Colosseo a Roma, rassegna estiva dedicata ai comici, non sta lì impalato sul palco ma si muove fra la gente, andando da una parte all’altra della platea. Un bel modo per farti sentire dentro lo spettacolo e non soggetto passivo. Ecco, in questo Cassini dimostra di avere una marcia in più. Marcia che aveva messo in mostra l’inverno scorso con l’intelligente esperienza maturata su Sky con Stalk Radio. In quell’ora serale di televisione multimediale Dario ha dimostrato come l’interazione fra conduttore e spettatore sia un fatto acquisito, un elemento certo, una materia sulla quale la televisione deve esercitarsi. Il fatto che non lo faccia è dato dalla scarsa attitudine dei suoi colleghi a rischiare. Nella maggior parte dei casi, i comici diventati conduttori, non fanno altro che legare fra loro i punti dati dal cosiddetto format, seguendo una sorta di linea retta. Quando deviano è la fine. Invece Cassini, con la prova offerta su Sky, ha dimostrato che deviare si può. Anzi, si deve. E lo si deve, soprattutto, per non far torto all’intelligenza. Insomma questo Cassini è maturo per il salto di qualità. Certo lo spettacolo che offre difetta un po’ nel copione, ma l’assenza di autori è un male che colpisce tutti. L’epidemia di scrittori per il teatro, sia comico che drammatico, ha prodotto un ingolfamento della tv da far paura. E proprio perché Cassini ama giocare, nello spettacolo estivo, si fa accompagnare da un personaggio come Sergio Caputo, autore, cantante e musicista che ha attraverso la musica italiana, a cavallo fra gli anni ottanta e novanta, a passo di carica. Caputo, infatti, è stato uno di quei cantati dotati di una grande vena creativa, sfruttata sino in fondo con troppa fretta e con eccessiva frenesia. Quando è arrivata la bassa marea, si è portata via tutto. Ispirazione e successo. Cassini, proponendo un’operazione di recupero, dimostra che le perle del passato sono ancora tali. E se vuoi costruire bene il futuro devi avere piena consapevolezza di ciò che ti sta alle spalle. Anche a costo di togliere dal proprio bagaglio artistico roba consolidata e certificata. Insomma, serve un po’ di dieta anche nel proprio repertorio, come per la linea, per muoversi con un po’ più di agilità. E Cassini non può che dimagrire ancora per migliore e prendersi quello spazio che merita. Senza dover unire, per forza di cose, degli inutili punti fra loro per fare share.