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Islam in rivolta, noi li abbiamo liberati e loro ci ringraziano così

Assaltate le ambasciate tedesca e inglese in Sudan, proteste dal Marocco all'India. Un morto in Libano
di Eliana Giusto domenica 16 settembre 2012

3' di lettura

  di Maurizio Stefanini Come annunciato da Souad Sbai, è stato un venerdì di violenze con molti morti per il film anti-Maometto; la protesta si è estesa a tutto il mondo islamico. Un morto e 25 feriti a Tripoli nel Libano, dove una folla di 300 scalmanati ha dato l’assalto a un fast food della Kentucky Fried Chicken. E quattro morti nella capitale sudanese Khartoum, dove la polizia ha sparato e lanciato lacrimogeni sulla folla di 10.000 persone che oltre all’ambasciata Usa aveva preso d’assalto anche quelle tedesca e britannica. Un paio di imam avevano infatti ricordato come Angela Merkel avesse dato un’onorificenza a uno dei danesi autori delle vignette su Maometto. La folla ha appiccato un incendio davanti all'ingresso principale della rappresentanza diplomatica ed ha ammainato la bandiera tedesca, per issare al suo posto quella di al Qaeda.  Diplomatici in fuga Anche a Tunisi, malgrado la polizia che sparava ad altezza d’uomo abbia ucciso tre persone e ferito altre 28, un gruppo di manifestanti è riuscito a scavalcare il muro di cinta dell'ambasciata Usa e ad ammainare la bandiera a stelle e strisce, per sostituirla con una bandiera islamica. I manifestanti, il cui slogan era «Obama Obama/ tutti siamo Osama», hanno anche appiccato il fuoco ad alcuni alberi e a una quindicina di vetture all'interno del giardino della sede diplomatica statunitense e infranto gli infissi di diverse finestre. Il personale è stato evacuato, «con difficoltà», mentre alcuni marines armati prendevano posizione sui tetti. Assaltata e data alle fiamme anche una scuola americana nell’area della Grande Tunisi.  Lo slogan «Obama siamo tutti Osama» è risuonato a una manifestazione in Kuwait cui hanno partecipato alcuni parlamentari islamisti. Yemen ed Egitto Altri marines, almeno una cinquantina, sono stati mandati a proteggere la rappresentanza Usa nello Yemen. In Egitto la polizia ha affrontato i manifestanti con decisione, in una battaglia davanti all’ambasciata Usa che ha fatto un morto e 224 feriti. Anche cinque poliziotti sarebbero stati raggiunti da armi da fuoco. Dopo aver preso a sassate le forze dell’ordine gli energumeni si sono sfogati ribaltando e dando alle fiamme un’auto lungo la via che da piazza Tahrir conduce alla rappresentanza diplomatica, dove la strada è stata sbarrata dalla polizia con un muro di grandi blocchi di cemento alti tre metri. Perfino a Gaza Hamas aveva chiesto alla gente di stare buona, dopo la preghiera. Ma in migliaia hanno sfilato lo stesso, impugnando le stesse bandiere di Hamas oltre a quelle della Jihad è gridando: «Morte all’America, morte a Israele!». Islamisti hanno protestato anche davanti all’ambasciata degli Stati Uniti a Tel Aviv. Nessun danno o vittima risulta da Amman, dove comunque varie migliaia di manifestanti sono sfilati nei pressi dell’ambasciata Usa in Giordania, chiedendo l’espulsione dell’ambasciatore e bruciando bandiere Usa. Altri manifestanti chiedevano leggi internazionali contro chi insulti le religioni e le fedi nel mondo.  Africa e India Militari nigeriani hanno sparato in aria per disperdere alcune centinaia di manifestanti che si erano riuniti dopo la preghiera davanti alla moschea di Jos. Varie centinaia di agenti con cannoni a acqua hanno marcato strettamente 10.000 manifestanti a Dacca, impedendo loro di raggiungere l’ambasciata Usa in Bangladesh. Anche qui, gli scalmanati hanno dovuto limitarsi a bruciare bandiere americane e israeliane ed a lanciare slogan. 350 sunniti e un centinaio di sciiti in due distinte manifestazioni a Giacarta: questi ultimi chiedendo la pena di morte per il regista Sam Bacile. Una trentina di rappresentanti di varie organizzazioni islamiche a Kuala Lumpur hanno consegnato all’ambasciata Usa in Malaysia una lettera in cui si chiede di togliere il video da YouTube e di processare l’autore per «crimini contro i diritti umani». Anche in India il governo federale ha chiesto a Google di oscurare i siti da cui è visibile il famigerato trailer, così come è stato fatto in Afghanistan e in Pakistan. A Teheran è stato il governo a organizzare la manifestazione in cui è stato chiesto agli Usa di chiedere scusa ai musulmani e punire gli autori del film. Nervi tesi in America Anche la base della forza multinazionale del Sinai è stata circondata da decine di salafiti che hanno appiccato un incendio e sparato alcuni colpi di arma da fuoco. La tensione è altissima pure negli stessi Stati Uniti: due università sono state evacuate per due allarmi bomba in contemporanea. Ad Austin, Texas, e nel Nord Dakota, 60.000 persone sono state fatte allontanare dai campus. Allarmi entrambi rivelatisi falsi.  

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