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L'editoriale

di Maurizio Belpietro
di Michela Ravalico domenica 23 maggio 2010

2' di lettura

Se c’era bisogno di una prova, a dimostrazione che una legge per regolamentare le intercettazioni e la fuga di notizie dai tribunali è sacrosanta, beh, i fatti di questi giorni l’hanno prodotta. Ieri Libero ha dato conto delle dichiarazioni dell’architetto Zampolini, l’uomo della cricca che avrebbe pagato le case a ministri e uomini politici. Come ha riferito la brava Roberta Catania, il professionista avrebbe parlato di Bondi e del ministro Matteoli. Nessuno sa a che titolo Zampolini abbia fatto i nomi e quale sia il loro coinvolgimento nella vicenda degli appalti. Per quel che conosco i due, non credo abbiano nulla a che fare con queste storie losche di cui si discute da settimane. Se ci siano accuse circostanziate oppure semplicemente chiacchiere che mirano a danneggiarli, nessuno può dirlo, e noi ci limitiamo a riportare le loro smentite e l’intenzione di querelare chi li accusa. Certo che la pubblicazione di indiscrezioni uscite dalle procure è ormai diventata una gara in cui è difficile distinguere ciò che è vero da ciò che serve solo ad alzare un polverone.Noi continuiamo a stampare quanto apprendiamo e ciò di cui riusciamo ad avere un minimo di conferma, perché questo è il nostro mestiere. Ma la sensazione di essere inconsapevoli strumenti di un gioco che mira a intorpidire le acque c’è. Ed è forte. Non sappiamo con certezza che elementi vi siano a carico delle persone citate, se siano fondati al punto da condurre a un rinvio a giudizio o talmente inconsistenti da portare all’archiviazione quando non all’apertura di un procedimento per calunnia. Le liste e le fughe di notizie rischiano di diventare non uno strumento di informazione, ma al contrario di disinformazione. Quando scoppiò “Mani Pulite” l’appoggio più formidabile all’opera di demolizione della Prima Repubblica fu fornito dai giornali, i quali divennero l’arma di distruzione di massa di carriere politiche che spesso - ma lo si scoprì solo dopo - non avevano motivo di essere demolite. Dunque, ribadiamo, noi pubblichiamo ciò che scoviamo, anche perché questo ci impone la concorrenza, ma siccome non siamo portati per i processi a mezzo stampa e continuiamo a preferire quelli in tribunale con tutte le garanzie, pensiamo che sia più che giustificata una legge la quale imponga di raccontare i fatti penalmente rilevanti solo quando questi siano stati accertati. Con buona pace di chi crede che l’eco della Procura sia il solo modo di fare giornalismo e di guadagnare.

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