I giocatori puntano di più e il gettito fiscale cala. Con questa apparente contraddizione il presidente dell’associazione di concessionari del gioco pubblico Acadi, Geronimo Cardia, ha concluso i lavori del convegno che si è svolto nella sede della Confcommercio di Roma nel corso del quale è stato presentato il quarto Bilancio di sostenibilità del comparto.
“Con questo documento, che misura l’impatto che le attività del settore hanno sulla società e sull’ambiente, abbiamo evidenziato questa anomalia” ha detto “e rilevato come il gioco fisico sia in sofferenza. Pur garantendo ancora il 50% degli introiti fiscali dalle attività di gioco, gli apparecchi hanno visto calare l’interesse dei giocatori a favore del gioco on line che ha un carico fiscale inferiore e può assicurare maggiori vincite”.
Va detto che da diversi anni si parla di un riordino dell’intero settore che ha visto un sovrapporsi di leggi e norme locali dettate più che altro dall’allarmismo per le possibili derive patologiche. Ma, com’è stato ribadito questa mattina dai vari relatori, i provvedimenti hanno colpito il gioco legale senza minimamente influire sulle attività non autorizzate e, soprattutto, mancando del tutto l’obiettivo di tutelare i giocatori compulsivi.
Di recente, è stata approvata una riforma del solo gioco on line, grazie alla quale è stato possibile procedere all’assegnazione delle nuove concessioni. Ma per il gioco fisico, quello che si svolge nelle sale dedicate e negli esercizi pubblici, il Parlamento ha approvato una delega fiscale assegnando così al Governo il compito di definire le nuove regole.
Lo stesso direttore Giochi dell’Agenzia Dogane e Monopoli, Mario Lollobrigida, al convegno di Acadi ha sostenuto l’urgenza di questo intervento normativo: “Dato che si dovranno superare le divergenze tra Governo e Regioni, si dovrebbe procedere con delle norme ponte, come propone anche Cardia, in attesa della riforma che ci aspettiamo arrivi entro il primo semestre del 2026. Altrimenti, il rischio è che l’intero settore degli apparecchi continui a perdere risorse economiche e finisca col non essere più remunerativo”.