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Il primo manifesto per lo sport come alleato contro il tumore

di Costanza Fumagallisabato 22 novembre 2025
Il primo manifesto per lo sport come alleato contro il tumore

4' di lettura

Era il 22 novembre del 2024. E nella cornice barocca di Scicli, una delle più belle cittadine del Ragusano dove le strade si arrampicano tra case in pietra e i giardini fioriscono di cactus e olivi secolari, un gruppo di oncologi, onco-ematologi, esperti di politiche sociosanitarie, associazioni di pazienti e policy maker (lombardi e non solo), firmava il primo manifesto “Fit to win” per sensibilizzare l’opinione pubblica sui benefici dello sport nella prevenzione e cura dei tumori e facilitare l’accesso a programmi di attività fisica per pazienti oncologici.

Una rivoluzione - scritta a tavolino e promossa con entusiasmo dall’associazione “La lampada di Aladino ETS” (nata 25 anni fa in Brianza dall’idea di un ex malato di linfoma per assistere i pazienti oncologici) e ISHEO (azienda che opera in ricerca clinica, valutazione delle nuove tecnologie e servizi sanitari, e nel supporto al miglioramento dell’assistenza ai pazienti) che cambiava radicalmente l’approccio a una malattia troppo a lungo stigmatizzata e relegata a «brutto male» da combattere con gli strumenti della pura diagnosi. L’esperienza sul campo ha invece dimostrato che un’attività fisica regolare, oltre a favorire il benessere psicologico del paziente, riduce il rischio di sviluppare numerose forme di tumore. In particolare, secondo recenti dati della fondazione Umberto Veronesi, ci sono evidenze che confermano come uno stile di vita attivo possa ridurre il rischio di tumore del colon del 30-40%, di tumore dell’utero del 40% e di cancro alla mammella del 12-13 per cento (addirittura si dimezza il rischio di recidive). Cinque i punti fondanti del progetto: 1) aumentare la consapevolezza dell’importanza dell’esercizio fisico; 2) promuovere informazione e formazione nelle strutture sanitarie, scuole ed altri enti di formazione, istituzioni, società scientifiche, associazioni di pazienti; 3) ripensare gli spazi della convivenza per garantire luoghi idonei alla pratica sportiva; 4) favorire l’accessibilità, ovvero la proliferazione di siti dove fare attività. Infine 5) promuovere la ricerca per dimostrare l’impatto della pratica sportiva sul fisico. «Il movimento è vita» spiega Davide Integlia, founder e general manager di ISHEO.

«L’attività fisica è senza dubbio un determinante di buona salute per tutti. E lo è anche per i pazienti, come quelli oncologici, soprattutto con riferimento ai programmi di AFA – Attività Fisica Adattata. Per promuovere l’accesso a questi programmi speciali è fondamentale inserire l’AFA nel percorso terapeutico-assistenziale dei pazienti su tutto il territorio nazionale, informare medici, pazienti e operatori sanitari. È inoltre necessario sviluppare progetti di ricerca per fornire nuove evidenze di impatto tra specifici programmi di esercizio fisico e outcome sanitari. Sogniamo la palestra dei pazienti su tutto il territorio nazionale, strutture e spazi accessibili in sicurezza e in maniera sostenibile». Un cambio di passo è già avvenuto nel corso dell’ultimo anno. Ma non è facile stravolgere la mentalità di un Paese essenzialmente sedentario. A dirlo sono le recenti statistiche. Secondo l’annuario dell’Istat (2022), un terzo degli italiani non fa sport né si dedica all’attività fisica nel tempo libero con tassi più alti tra le donne (il 34%), gli anziani (34% nei 50-69enni) e nelle regioni meridionali (42% rispetto al 17% del Nord).

È messa meglio la Lombardia dove è addirittura il 43% della popolazione che pratica attività fisica. Davide Petruzzelli è il vulcanico presidente della Lampada di Aladino ETS che assiste dai 150 ai 200 pazienti l’anno e porta avanti anche un’attività di advocacy per informare la politica e ispirarla nei progetti relativi alla sanità. L’associazione è un riferimento per migliaia di malati, un faro, un ristoro, una luce da accendere nei momenti bui della patologia quando arriva la diagnosi che toglie il fiato e lascia sgomenti. In quei momenti la reazione è tutto. E la pratica sportiva rappresenta uno degli ingredienti in grado di cambiare la prospettiva. «L’attività fisica è uno straordinario strumento di prevenzione primaria per tutti noi, troppo spesso sottovalutato», dice Petruzzelli. «Ma per chi sta affrontando o ha affrontato una malattia oncologica ha un valore in più, una terapia priva di effetti collaterali che potrà farci vivere sicuramente meglio e a volte anche di più». Impossibile fermarsi dunque.

Ne è convinta la dottoressa Alexia Bertuzzi, oncologa e presidente del comitato scientifico della Lampada di Aladino ETS: «L’attività fisica è un alleato prezioso nel percorso oncologico», spiega. «Aiuta a ritrovare energia, migliorare l’umore e affrontare le cure con maggiore serenità. Muoversi con regolarità non significa solo sentirsi meglio. Riduce gli effetti collaterali delle terapie e, come recentemente pubblicato, riduce il rischio di recidiva. L’attività fisica dovrebbe essere considerata a tutti gli effetti come un vero e proprio “farmaco”: da prescrivere ogni giorno, sia in ottica preventiva che terapeutica, per la salute del paziente e per favorirne il benessere, sostenendo il suo percorso di cura».