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Stato-Mafia, Filippo Facci smonta le teorie di Nino Di Matteo e delle toghe di Palermo: "Tutte le loro cantonate"

Filippo Facci
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La trattativa che non ci fu, o che non si dovrebbe chiamare trattativa, o che, se anche ci fu, fu benemerita: dizionario ultra-minimo per capirci qualcosa o, doverosamente, per continuare a non capirci niente. Cicerchia Luciana. Giudice della corte d'Assise d'appello di Firenze a cui, da anni, si appendono le argomentazioni di chi sostiene che la trattativa vi fu. Ecco il cristallino passaggio della sua sentenza: «Molto più complessa e non definitiva è la conclusione alla quale si può pervenire nei limiti del presente processo in ordine all'esatta individuazione dei termini e dello stato raggiunto dalla cosiddetta Trattativa, la cui esistenza, comprovata dall'avvio poi interrotto di iniziali contatti emersi tra rappresentanti politici locali e delle istituzioni e vertici mafiosi, è però logicamente postulata dalla stessa prosecuzione della strategia stragista». Conso Giovanni. Defunto giurista ed ex Guardasigilli che testimoniò che prese in solitudine la decisione di non rinnovare il 41bis (carcere duro) nel 1993, legge ai tempi incostituzionale, come confermarono altri testi come Violante, Martelli, Amato, Rognoni, Andò, Pomodoro, Contri, Ferraro, Gratteri, Savina e Principato. Al giudice di primo grado (del processo ribaltato l'altro ieri) non importò.

 

 

Cronisti 1. Ce ne sono tre che non solo hanno professato la loro faziosità, ma sono stati testi d'accusa nel processo: Antonio Padellaro e Sandra Amurri (Fatto Quotidiano) e Saverio Lodato (ex Unità, ora Antimafia Duemila). I primi due ci avevano già provato nel processo a Calogero Mannino. Cronisti 2. Tra i colpevolisti più sfacciati: i complottardi carpiati con avvitamento Lo Bianco Giuseppe & Rizza Sandra (Fatto Quotidiano), autori di infiniti libri sul tema; Bianconi Giovanni, grigio colpevolista del Corriere travestito (male) da equidistante; Palazzolo Salvo di Repubblica; La Licata Francesco della Stampa; Lodato Saverio di Antimafia Duemila», movimento il cui presidente, Giorgio Bongiovanni, ha sostenuto pubblicamente di avere le stimmate e di essere la reincarnazione di uno dei bambini veggenti di Fatima. De Caprio Sergio, detto Ultimo. Eroe. Ex capo dei Ros dei carabinieri noto per aver arrestato Totò Riina il 15 gennaio 1993 in coordinamento col generale Mori, grazie a quello che il tribunale di Palermo ha definito «l'intuito investigativo del cap. De Caprio». Fu accusato di favoreggiamento nei confronti di Cosa Nostra per la ritardata perquisizione del covo di Riina, che pure aveva catturato lui.

Dell'Utri Marcello. Ora assolto, in primo grado fu ritenuto una sorta di ambasciatore dell'ulteriore ricatto che dal 1994 avrebbe condizionato il primo governo Berlusconi. Nel dispositivo si diceva che per fermare le stragi del 1992-93 ben tre governi della Repubblica accettarono di venire a patti con Cosa nostra. Di Matteo Antonino (detto Nino). Continuatore dell'inchiesta sulla «trattativa» iniziata da Ingroia e, in precedenza, co-protagonista del fallimentare processo sulla strage di Via D'Amelio che uccise Paolo Borsellino e che fece finire in galera degli innocenti per ben 18 anni. Fontana Mario. Giudice del processo Mori-Obinu (mancata cattura di Bernardo Provenzano) la cui sentenza spiegò che non ci fu nessuna «trattativa» tra Stato e mafia. La sentenza costituiva un fantasma che tutti avvertivano ma che nessuno voleva vedere per come distrusse ogni tesi a riguardo. Diffamati da Marco Travaglio, Fontana e altri due giudici a latere ricavarono 150mila euro di risarcimento dal diffamatore. Ingroia Antonio. Primo propulsore del delirio trattativa, da pm, prima che lasciasse la magistratura per buttarsi in politica con esiti catastrofici. Nel 2018 gli hanno finalmente tolto l'inutile scorta.

Mannino Calogero. Ex parlamentare democristiano siciliano assolto con rito abbreviato dall'accusa di violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario (art. 338 c.p.) con la formula «per non aver commesso il fatto», L'accusa aveva chiesto nove anni. Nelle motivazioni della sentenza definitiva già si apprendeva che la «trattativa» dei Ros era solo «ordinaria attività investigativa» con l'obiettivo di catturare Totò Riina.

Nell'annullare una precedente il procuratore generale della Cassazione scrisse che «Nella sentenza di condanna di Mannino non c'è nulla, torna ossessivamente sugli stessi concetti ma non c'è nulla che si lasci apprezzare in termini rigorosi e tecnici, nulla che possa valere a sostanziare l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Questa sentenza costituisce un esempio negativo, da mostrare agli uditori giudiziari di come una sentenza non dovrebbe essere mai scritta». Montaldo Alfredo. È il giudice della condanna in primo grado, sul quale ledifese riponevano poche speranze non solo per il comportamento in istruttoria, ma per via del curriculum. È lo stesso il giudice, tra l'altro, che nel 1995 tenne Calogero Mannino in carcere per una vita, e che, dopo che Mannino aveva perso 40 chili tra le sbarre, disse che era stata una sua scelta dietetica perché si nutriva solo di verdure. La sua sentenza di primo grado portò a 12 anni di condanna per gli ex generali Mario Mori e Antonio Subranni, altri 12 per Marcello Dell'Utri, otto per l'ex colonnello Giuseppe De Donno. La sentenza assolse l'ex ministro Dc Nicola Mancino che gongolò stucchevolmente come se al centro del processo ci fosse stato solo lui. Molti giornalisti non mancarono di collegare scioccamente la sentenza al «mutato clima politico», cioè alla presenza grillina al governo.

 

 

 

Mori Mario. Eroe. Uomo che di fatto ha condotto Riina a 25 anni di 41bis. Già processato e assolto lamancata cattura di Provenzano e la mancata perquisizione del covo di Riina. Ora per la «trattativa». Morosini Piergiorgio. Gip che subentrò a Michele Alaimo a margine del processo di primo grado (quello rivoltato l'altro giorno) e che fu colto come un pessimo segnale dalle difese: nel precedente 2011 Morosini aveva scritto un libro (Attentato alla giustizia) in cui si citavano ampiamente «i recenti sviluppi sulla "trattativa" tra Stato e mafia che sarebbe sullo sfondo delle stragi del 1992 e 1993». Durante il processo di primo grado non furono accolti una montagna di documenti della difesa e furono respinti testi anche del calibro di Ilda Boccassini, Giuseppe Ayala e Antonio Di Pietro. Travaglio Marco. Scarabeo stercorario (specie sacer) nell'antichità collegato a Khepri, il dio del sole nascente (specie Conte) che si supponeva creasse il Sole ogni giorno in modo analogo a quello con cui lo scarabeo crea la pallottola di sterco.

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