Nero su bianco

Sabino Cassese, le mani dei magistrati sulla politica: così i giudici decidono i destini del Paese

Pieremilio Sammarco

È in libreria l'ultimo lavoro di Sabino Cassese dal titolo "Il governo dei giudici" edito da Laterza. Si tratta di un libro in cui l'autorevole giurista esamina in modo obiettivo la situazione della giustizia in Italia. In particolare, l'Autore descrive con dovizia di dati, da un lato, l'espansione del ruolo del giudice nel nostro ordinamento e, dall'altro, l'inefficienza del nostro sistema giudiziario. Sono i due temi centrali del libro che s' intrecciano fino a definire un quadro sistemico a dir poco sconfortante, che già altri libri, a cominciare da quelli di Sallusti e Palamara avevano messo in luce.

Tuttavia, a dispetto degli altri saggi sulla crisi della giustizia in Italia, Cassese, lungi dal soffermarsi su singoli episodi di malcostume o malgoverno della giustizia, fornisce una ricostruzione generale supportata da dati, numeri, percentuali che sono difficili da smentire.
L'incipit del libro rappresenta un j'accuse di formidabile intensità che riassume in poche parole ciò che sta accadendo in Italia e costituisce il filo conduttore di buona parte della trattazione: «Se il pubblico vede i giudici come politici con la toga, la sua fiducia nelle corti e nella legalità può solo diminuire, riducendo il potere delle corti, incluso quello di agire come controllori degli altri poteri»; sono le frasi proferite dal giudice Breyer della Corte Suprema degli Stati Uniti in una conferenza ad Harvard.

 

Cassese non si limita ad osservare come il corpo giudiziario prenda costantemente parte nella vita politica del paese, ma analizza con sapienza come i giudici siano passati dalla caduta dell'Ancien Régime francese dall'avere un potere invisibile e debole ad acquistare un potere pieno. Da Robespierre che per limitare il potere dei giudici voleva leggi precise e nessuna giurisprudenza, si arriva a consentire a costoro, sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata, a non applicare le leggi che ritenessero incostituzionali, riconoscendo loro implicitamente un ruolo creativo del diritto e di conseguenza l'attribuzione di un potere politico.

Già il comparatista francese Lambert nel 1921 avvertiva il pericolo del «risveglio del po tere politico delle corti» e la tendenza a delegare all'autorità giudiziaria la soluzione dei grandi conflitti tra le diverse classi sociali. Ma il potere dell'autorità giudiziaria si autoalimenta attraverso il rifiuto del formalismo giuridico e della stretta interpretazione letterale del dato normativo, per abbracciare principi di carattere generale come quello di proporzionalità, equilibrio, buona fede ed equità. Progressivamente si riduce così lo spazio operativo del diritto positivo a scapito del diritto giurisprudenziale, che consente ai giudici di svolgere una funzione suppletiva del corpo legislativo.

 

 

Cassese evidenzia come la magistratura si sia posizionata al centro dello spazio pubblico, abbia preso parte come protagonista nella vita politica del paese e come un interlocutore onnipresente ogniqualvolta si discuta di riforme istituzionali o legislative; è il fenomeno della giudiziarizzazione della politica, che dura da decenni, dalla stagione di Mani Pulite in poi.

La politica finisce non solo per essere influenzata dalla magistratura, ma è da essa fortemente condizionata, proprio perché, come ogni potere, se non trova argini, è portata a sconfinare. Se poi ci si sofferma sulla magistratura penale, soprattutto quella requirente, che detiene l'uso della forza legittima, vi è la constatazione come essa abbia l'assoluto controllo dei beni essenziali della vita di ogni individuo, quali sono la libertà e la proprietà delle cose, che possono essere minacciate. È un potere di cui si è spesso abusato, come dimostrato dall'Autore che cita dati sulle ingiuste detenzioni e sui risarcimenti accordati alle vittime degli errori giudiziari. Ma Cassese mette in luce le crepe dell'intero quadro sistemico, evidenziando la scarsa produttività dei giudici, le carriere favorite dalle correnti, l'enorme numero dei magistrati fuori ruolo, la cattiva organizzazione della maggior parte degli uffici giudiziari, l'anomalia dei magistrati all'interno del Ministero della Giustizia, nonché l'alto numero di quelli che si riversano in politica. L'opera di Cassese colpisce per la sua chiarezza e per la padronanza dei temi trattati che si intrecciano tra loro con magistrale equilibrio, proprio come un'opera del musicista tedesco Bach, di cui Cassese è grande conoscitore e per lui fonte di ispirazione per i suoi lavori giuridici.