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Magistratura, perché va spezzato subito il legame tra Csm e politica

Pieremilio Sammarco
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Pochi giorni fa il presidente dell'Anm - l'associazione dei magistrati nella sua relazione al 35° congresso nazionale, alla presenza del Presidente della Repubblica, ha tracciato un quadro sulla situazione dell'ordinamento giudiziario e sulle riforme della giustizia. In particolare, facendo riferimento alla grave crisi di immagine che ha attraversato l'attuale Consiglio Superiore della Magistratura ha affermato che «l'analisi delle patologie sia stata condotta spesso a senso unico, che ad esempio nelle molte riflessioni sulle degenerazioni all'interno del Csm si siano evidenziate soltanto le responsabilità della magistratura e che poco spazio sia stato dedicato alla comprensione delle ragioni per le quali la cosiddetta componente laica non ha esercitato con la necessaria continuità, quella benefica opera di interdizione delle distorsioni corporative della maggioranza togata».

 

 

In sostanza, si attribuisce una quota di responsabilità di quanto accaduto e venuto alla luce negli ultimi tempi anche ai componenti laici del Csm che non avrebbero esercitato una adeguata funzione di controllo nei confronti dei membri togati. Una sorta di chiamata in correità per non aver contrastato le logiche correntizie spartitorie dei magistrati. Prosegue il presidente dell'Anm sostenendo che «una volta individuato il nodo nel rapporto tra la magistratura e il potere, tra il governo autonomo della magistratura e la politica, è mancata un'ampia e completa disamina delle loro relazioni, che sono state osservate solo da un'angolazione, quella appunto delle colpe dei magistrati».

Sono parzialmente condivisibili queste affermazioni, che però necessitano di alcune precisazioni: 1) Il componente laico non ha piena contezza circa la reale professionalità e le competenze dei magistrati che ambiscono alle funzioni direttive o semi-direttive, trovandosi di fronte curricula omologati con giudizi positivi per ciascuno dei concorrenti; ciò mette in evidenza il tema della valutazione della carriera dei magistrati oggi ricondotta essenzialmente ai fascicoli personali che, per giudizi presenti, poco si distinguono l'uno dall'altro e che per queste ragioni, necessita di una profonda revisione.

 

 

2) Il componente laico, di fronte ad un siffatto contesto di valutazioni omologate, è portato ad affidarsi ai giudizi o alle scelte delle correnti della magistratura che riflettono l'area politica di riferimento che lo ha selezionato ed eletto. Ed allora per tentare di cambiare il Sistema (descritto dal fortunato pamphlet di Palamara-Sallusti) occorre che la prossima componente laica del Csm sia, per utilizzare le parole del presidente dell'Anm, non solo «di alta statura per cultura giuridica e sensibilità istituzionale», ma che sia slegata o priva di collegamenti diretti con la politica, evitando che quest' ultima nomini i suoi esponenti. Andrebbe così introdotto un criterio che era presente nella legge di riforma del Csm (poi abbandonato dalla politica) che faceva divieto di nominare componenti del Csm professori o avvocati che avevano avuto incarichi di governo o delle giunte regionali nei due anni precedenti. Ma, si dovrebbe aggiungere, per garantire una più stringente indipendenza, l'esclusione di chi abbia rivestito ruoli o incarichi all'interno di partiti politici. Solo così si darebbe un segnale di voler realmente voltare pagina, recidendo quel metifico rapporto tra magistratura e politica.

*Professore Ordinario di Diritto Comparato.

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