Cerca
Cerca
+

Giorgia Meloni, voci in magistratura: il piano delle toghe rosse per colpirla

Giorgia Meloni "il" Presidente  

Paolo Ferrari
  • a
  • a
  • a

Si ricomincia. Puntuale come la cartella delle tasse, ecco arrivare le bordate al governo Meloni da parte delle toghe di sinistra. Silenti quando a Palazzo Chigi c'è un premier del Pd o comunque vicino al centrosinistra, i magistrati progressisti alzano invece il tiro quando a governare è un esponente di centrodestra. Nulla di nuovo si direbbe, essendo almeno 30 anni che questo copione si ripete stancamente. Le prime a dare fuoco alle polveri sono state le toghe di Magistratura democratica, la storica corrente di sinistra da sempre vicina al Pci-Ds-Pds-Pd. Md rappresenta il gruppo più ideologizzato all'interno dell'Associazione nazionale magistrati. Rimase celebre la battaglia di questo raggruppamento contro il referendum costituzionale voluto nel 2016 da Matteo Renzi che, sebbene all'epoca fosse segretario del Pd, veniva considerato per i suoi trascorsi un corpo estraneo dalla "ditta", per utilizzare le parole di Pier Luigi Bersani. A scatenare l'ira dei magistrati di Md è stato il decreto "anti rave".


Una «truffa delle etichette» hanno scritto in un comunicato, bollando la norma come «pericolosa» in quanto può entrare in «drammatica collisione con i nostri diritti e valori fondamentali». «Se questo è il biglietto da visita del nuovo esecutivo in materia penale, ci aspetta una lunga stagione di resistenza costituzionale», concludevano le toghe, richiamandosi forse al "resistere, resistere, resistere" pronunciato dall'allora procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli all'epoca dello scontro violentissimo con il governo Berlusconi.


NOSTALGIA CANAGLIA
Dopo Md è stato il turno dei magistrati di Area, l'altro raggruppamento progressista della magistratura. Nel mirino questa volta è finito il contrasto all'immigrazione clandestina con lo stop all'attività delle navi delle Ong nel Mediterraneo. Il governo non metta «ancora ostacoli» con i respingimenti dei migranti «a cui si nega il diritto a richiedere la protezione internazionale», è il contenuto della nota delle toghe di Area. Anche in questo caso un altro déjà-vu con l'opposizione dei magistrati ai decreti sicurezza con cui l'allora ministro dell'Interno, il segretario della Lega Matteo Salvini, nel primo governo gialloverde voleva mettere un freno agli sbarchi incontrollati.

 

 


Una voce fuori dal coro è quella delle toghe di "destra" di Magistratura indipendente con un comunicato dal titolo quanto mai esaustivo: "Nostalgia canaglia". Per i magistrati non di sinistra bisogna «prendere le distanze da un simile approccio ideologico che ci riporta indietro alla vecchia contrapposizione tra politica e magistratura di un passato che si vuole dimenticare e che ha portato la magistratura ad essere vista dai cittadini come politicizzata». E di toni «esagerati ed inappropriati» da parte delle toghe di Md aveva parlato anche l'ex segretario di Mi Angelantonio Racanelli, procuratore aggiunto a Roma.

 

 


L'entrata a gamba tesa delle toghe mette in evidenza ancora una volta la grande ipocrisia che domina la magistratura italiana. Da un lato, infatti, si vieta ai magistrati di prendere la tessera di un partito, dall'altro si consente loro di invadere il campo del potere legislativo. Una anomalia che si trascina da anni e che fa tornare alla mente la proposta fatta dal ministro della Giustizia Vincenzo Arangio-Ruiz nel 1944 e poi ripresa l'anno successivo da Palmiro Togliatti di permettere ai magistrati di iscriversi ai partiti politici per «un dovere civico». Nel 1946 l'Associazione nazionale magistrati, comunque, con un referendum bocciò tale proposta, volendo al contrario che fosse reso incompatibile lo status di magistrato con l'iscrizione ad un partito politico. Principio poi recepito nella Costituzione.


IDEOLOGIZZATI
Da allora sono passati molti anni e la magistratura italiana, anche le recenti elezioni per la componente togata del Consiglio superiore della magistratura lo hanno dimostrato, pende sempre a sinistra. Quando Luca Palamara tentò di rovesciare questa egemonia si ritrovò prima il trojan nel telefono e poi, dopo essere stato radiato, alla sbarra per un numero imprecisato di reati. In attesa delle prossime mosse delle toghe, la maggioranza di governo però ha una possibilità: nominare tutti e dieci i componenti laici del Csm, anche facendo un accordo con Azione e Matteo Renzi che ha provato sulla sua pelle, gli arrestarono entrambi i genitori, gli 'effetti' della magistratura più ideologizzata. Va tenuto il punto e va evitato che il Pd o il M5s abbiano un rappresentante a Palazzo dei Marescialli che farebbe subito asse con le toghe di sinistra, come detto in maggioranza, divenendo il vice presidente del Csm e perpetuando così lo status quo. Da parte sua, invece, il ministro Carlo Nordio deve procedere quanto prima al rinnovamento degli uffici del Ministero della giustizia, ora affollato da toghe di Magistratura democratica fuori ruolo, pronte a mettere i bastoni fra le ruote nell'azione di governo. Anzi, pronte alla «resistenza costituzionale». 

Dai blog