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Malati terminali, ucciderli per i giudici è un reato a metà

Filippo Facci
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Ha addormentato la madre 92enne e l'ha soffocata con un cuscino: assolto in primo grado - sentenza suicida, fatta per essere riformata - a cui ieri è seguita una condanna in Appello a 6 anni e otto mesi, il minimo possibile. E voi chiamatelo omicidio light, omicidio tollerato, assassinio a fin di bene, attenuante da debito di sangue, familistico-affettiva: sta di fatto che la nostra giurisprudenza ha inventato un nuovo reato che è quasi assimilabile alla «particolare tenuità del fatto» regolata dall'articolo 131-bis del Codice. E non si tratta dell'ennesimo caso di supplenza della politica, meglio: è una supplenza, sì, ma pienamente giustificata dall'ingiustificata assenza di una classe politica incapace e ogni volta imbarazzata da tutti i temi che la trovano in uno spaventoso ritardo culturale.

 

 


Ma riassumiamo la vicenda del 55enne Giovanni Ghiotti, che in pratica è un anonimo Marco Cappato (quello dell'Associazione Coscioni e del suicidio assistito) che nell'agosto del 2020 si è si presentato dai carabinieri di Asti e ha confessato che l'anziana madre, malata da tempo, l'aveva terminata lui il 4 novembre di tre anni prima: «Soffriva troppo. Si era arresa». Il medico legale che aveva bussato alla vecchia casa a Piovà Massaia, nell'astigiano, aveva refertato una morte naturale, ma poi Ghiotti ha raccontato spontaneamente la verità: «Le ho somministrato dei sonniferi, e, quando si è addormentata, l'ho soffocata con il cuscino». Il 19 gennaio scorso, in primo grado, a dispetto di una richiesta di condanna a 7 anni e mezzo, il giudice Federico Belli l'aveva assolto perché «il fatto non sussiste», ossia l'assolto da un reato omicidio reo confesso. E per una volta c'è una ragione per evidenziare il nome di un magistrato, dunque ripetiamolo: Federico Asti. Poi, ieri, con rito abbreviato, i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Torino (presidente Cristina Domaneschi) hanno inevitabilmente condannato l'imputato a 6 anni e 8 mesi, che meno non si poteva: «Avendo i giudici ritenuto di credere alla sua confessione, hanno comunque considerato tutte le particolarità del caso e l'hanno condannato alla pena più bassa possibile», ha commentato l'avvocato. L'accusa, in aula, era rappresentata dal procuratore generale Carlo Maria Pellicano, secondo il quale Ghiotti ha ucciso la madre «per pietà» e ha detto che il reato si è mosso «in una zona grigia» perché in Italia «non c'è una legge sul suicidio assistito», pur ammettendo che, nell'attesa, si tratta «pur sempre un omicidio».

 

 


La madre 92enne si era spaccata il femore quattro volte in un solo anno e l'osteoporosi le causava dei dolori terribili. Il giudice ufficialmente non aveva creduto all'imputato (ripetiamo: ufficialmente) e aveva ritenuto inattendibile la confessione: «Ha raccontato qualcosa di cui è intimamente convinto, ma che non corrisponde alla realtà dei fatti», si leggeva nelle motivazioni, stabilendo che la morte della donna fosse avvenuta per cause naturali. Il procuratore generale Pellicano, in Appello, aveva poi definito l'imputato «un personaggio da "Delitto e Castigo"», riferendosi al romanzo di Dostoevskij, che «si è trovato in una situazione terribile, non ha potuto fare altro che porre fine alle sofferenze della madre a cui era affezionatissimo». Però in Italia «manca una legislazione» sul fine vita, ha aggiunto.

E non lo sapevamo. Non sapevamo che l'Italia è tra i pochissimi paesi occidentali a non aver regolamentato l'eutanasia (che viene praticata lo stesso, con lo stesso classismo che c'era per l'aborto e la fecondazione assistita) forse auspicando che vadano tutti a morire in Svizzera avendo i soldi per farlo, oppure, ecco, lasciando che a metterci una pezza sia di volta in volta una magistratura chiamata ormai a decidere su tutto, compresa la differenza tra un assassinio, un atto di pietà, una buona morte o una cattiva tortura. Sicchè, ogni tanto, mentre i medici operano e sopprimono pietosamente e nel silenzio, qualcuno si rivolge ai giudici e fioccano sentenze della Cassazione o delle Corti d'Appello o addirittura dei Tar, interventi che però non disciplinano davvero la materia: si limitano a codificare l'esistente, a metterlo nero su bianco, a invocare l'urgenza di una legge come ha fatto più volte la Corte Costituzionale, inascoltata.

Ormai la sfiducia è tanta e, in questa direzione, non c'è ragione di attendersi un po' di coraggio (democratico, non ideologico) neppure da questo governo Meloni: «La vita non ci appartiene» seguita a mormorare un'esigua minoranza di stronzi che sorvola da lustri ogni tema che riguardi le scelte personali, e che, banalmente, recepisca la volontà popolare. Così, mentre la società adulta di destra e di sinistra è costretta a confidare sulla magistratura- eccezion fatta per quattro baciapile che telefonano in Vaticano anche per allacciarsi le scarpe - nella penombra dell'italianissimo «si fa ma non si dice» continua a muoversi quell'Italia sconsolata e reale che siamo noi. 

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