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L'evasione di Milano? Sallusti: è lo stato in fuga dal Beccaria

di Alessandro Sallusti martedì 27 dicembre 2022

2' di lettura

Pochi sanno che Cesare Beccaria era il nonno materno di Alessandro Manzoni, né che ebbe una vita privata tragica né che il suo capolavoro, il trattato "Dei delitti e delle pene" venne messo all'indice perché separava la colpa dal peccato. È ritenuto, Beccaria, il padre del moderno diritto occidentale in quanto mise al centro del suo pensiero riformatore l'esclusione della pena di morte come condanna riparatrice: "Se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell'umanità" è il suo motto testamento.

Bene, perché parlare oggi di questo signore vissuto nella seconda metà del Settecento? Bè, perché la notizia di Santo Stefano è la rocambolesca fuga di cinque ragazzini dal carcere minorile che a Milano porta il suo nome. Sbaglierò, ma nell'aria sento aleggiare una certa se non simpatia almeno comprensione per questi ragazzi così arditi e sfacciati da sfidare lo Stato nel giorno di Natale. Capisco, ma non condivido, primo perché questa bravata aggiungerà nelle loro vite tormenti e punizioni a quelli già patiti, secondo perché è vergognoso che a Milano, nel cuore di Milano, ci sia un carcere minorile dal quale si può uscire con tanta facilità. E si può uscire perché da vent' anni, dicansi venti, sono in corso lavori di ristrutturazione mai ultimati, un cantiere usato dai cinque acrobati per superare barriere e controlli.

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In quello che è successo al Beccaria non c'è nulla di romantico, solo una clamorosa sconfitta del diritto sognato dal Beccaria: "Quanto la pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso ella sarà tanto più giusta e tanto più utile", è uno dei punti fermi del suo pensiero. Forse il punto più disatteso da un sistema giudiziario, l'attuale, puntuale e a tratti feroce nella parte dell'inquisizione ma lontano e distratto in quello dell'applicazione della pena. Un esempio. Nelle stesse ore della grande fuga dal Beccaria due persone di colore rapinavano del cellulare, poco distante da quel carcere, il figlio di Matteo Salvini. Non ne faccio una questione per il cognome della vittima, accade tutti i giorni in tutte le città d'Italia. È che quei rapinatori sanno che rischiano davvero poco, bene che vada saranno denunciati e chissà quando processati e chissà se arrestati. E questo perché Beccaria è stato disatteso là dove teorizzava che senza umanità non può esserci giustizia, ma che la giustizia ha bisogno di severità e certezze.

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