Giustizia, alleati insospettabili: Serra si schiera con Nordio
Non è solo il centrodestra, con sfumature diverse tra i partiti, a sostenere con convinzione la riforma delle intercettazioni auspicata dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. Il Guardasigilli ha l’appoggio del Terzo Polo - Matteo Renzi è uno dei fan della necessità di limitare la diffusione di conversazioni non rilevanti alle indagini - e anche a sinistrasi cominciano a levare voti critiche al coro giustizialista intonato in parlamento da Pd e Movimento Cinquestelle. Ieri sul Foglio è uscita un’intervista a Michele Serra, giornalista di Repubblica e firma storica dell’area culturale progressista.
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Ebbene, Serra stronca la linea della sinistra italiana, intenta a gridare al bavaglio sulla stampa mentre vengono sputtanate sui giornali persone per aspetti della vita privata che nulla c’entrano con i presunti reati. Corna, sfoghi tra coppie, vizietti. «Noi giornalisti siamo una categoria che confonde spesso la libertà di stampa con l'impunità di casta» sostiene Michele Serra. «Le intercettazioni sono uno strumento di violenza mediatica. Se il colpevole finisce in galera o sputtanato sui giornali, per lui quello è rischio d'impresa, lo mette nel conto. Ma se l'innocente finisce in galera o finisce sputtanato sui giornali, quello è un uomo morto. Ecco, questo i giornali non lo capiscono».
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Secondo l’editorialista di Repubblica, che firma la storica rubrica l’amaca, «chi fa il nostro mestiere dovrebbe invece partire da questa orrida certezza: l'innocente muore». Da qui la considerazione che a sinistra si sta sbagliando tutto sulla giustizia. «Dai tempi di Tangentopoli la sinistra ha sposato una specie di scorciatoia giudiziaria. Ciò che non poteva essere affrontato politicamente trovava una insperata soluzione giudiziaria. Non solo non ha funzionato, ma ha avuto effetti collaterali devastanti. La cultura delle garanzie, un tempo cavallo di battaglia della sinistra, è andata a pallino. E la spirale moralistica ha aumentato il populismo». Poi, la critica ai giornalisti complici del voyeurismo: «Siamo pronti a gridare alla censura e al bavaglio, meno pronti a prendere le misure del nostro lavoro e dei nostri limiti. Accanirsi senza rispetto umano su chi finisce nei guai, è una manifestazione di insensibilità».