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Alfredo Cospito? Contro il 41-bis, ma non sempre

Iuri Maria Prado
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Non tutti hanno le carte in regola per reclamare che il regime carcerario inflitto ad Alfredo Cospito sia revocato. Sicuramente non le ha in regola chi si esercita in complicate distinzioni sulle responsabilità di questo detenuto rispetto a quelle di altri che come lui sono sottoposti a quel trattamento. E sicuramente non le ha in regola chi si è mobilitato in suo favore senza aver fatto mai nulla di simile quando un analogo rigore penitenziario toccava a gente che, tanto per capirsi, stava in campo avverso, o in ogni caso apparteneva a categorie, diciamo così, non protette. 

Qualcuno ricorderà il processo-bufala denominato Mafia Capitale, con l’imputato che si è fatto ingiustamente qualche anno di 41-bis senza, appunto, che si registrassero le mobilitazioni che invece si moltiplicano per l’anarchico: e perché? Perché quello era un fascista, punto. E, quanto all’imputazione di mafia, era pure innocente. Ma c’era poca stampa, anzi nessuna, a difendere il suo diritto di non essere sottoposto alle rigidità carcerarie previste per certi tipi di reati.

COPRIFUOCO
Non basta. Proviamo a immaginare che cosa sarebbe successo se i fatti di contestazione violenta di questi giorni non si fossero rivolti alla tutela di Cospito e non si fossero ispirati a vagheggiamenti anarchici, ma fossero montati in favore di qualche eversore nero e con agitazione di svastiche. Avrebbero invocato il coprifuoco...

Alcuni, tra cui chi scrive, ritengono che il cosiddetto carcere duro costituisca una misura che non va bene per nessuno. Può essere un’idea giusta o sbagliata. Ma la vera controparte di chi la pensa come noi non è l’ultramanettaro che vuole tutti in catene, sottoposti al cronometro per i minuti d’aria e con la luce in faccia giorno e notte: la vera controparte è composta da quelli che si indignano per questo trattamento e lo contestano secondo che tocchi all’uno o all’altro.

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